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C’è bisogno di un’altra economia per cambiare le sorti del pianeta

Da sinistra Piero Bevilacqua, Giulietto Chiesa e Serge Latouche.
Da sinistra Piero Bevilacqua, Giulietto Chiesa e Serge Latouche.
L’ecologia e l’ambiente sono ostaggio di una pericolosa economia globalizzata. È il pensiero di alcuni relatori alla conferenza “L’Economia della Felicità” di Prato.

 

di Marcello Bartoli

PRATO – Ormai siamo abituati a pensare e interpretare la realtà secondo categorie concettuali economicistiche che non sono affatto naturali o universali. Le conseguenze per l’ambiente e per l’uomo diventano giorno dopo giorno sempre più pericolose. E’ quanto emerge da alcune delle relazioni esposte a Prato al Festival “L’Economia della Felicità”.

Per Pietro Bevilacqua, docente di Storia contemporanea all’Università di Roma La Sapienza, il neo liberismo è pervasivo in tutto il mondo, gli Stati entrano in competizione per attirare le multinazionali e la globalizzazione mette in concorrenza tra loro gli operai dei Paesi ricchi e quelli dei Paesi poveri. “Oggi si lavora troppo e questo influenza negativamente le relazioni umane. Negli Stati Uniti si insegna ai bambini fin dai 6 anni a diventare imprenditori e a competere con i compagni. Il rischio è che la scuola non insegni più a imparare ma a usare tecnologie, perdendo di vista la visione olistica. E’ importante, invece, diventare persone con veri valori umani e spirituali.

E’ decisamente di carattere più cospirazionista il pensiero del giornalista e politico Giulietto Chiesa: “Stiamo andando incontro a una guerra per le risorse disponibili, le élite che detengono il potere la stanno preparando. Ormai non abbiamo più tempo di pensare, il tempo del pensiero è fatto di violenza e competizione. In America i gruppi politici eseguono gli ordini dei “padroni universali”, otto o forse cento persone che detengono il 50% dei beni materiali della Terra. Sono loro che controllano le masse attraverso la comunicazione. Due miliardi di persone possono essere quotidianamente ri-orientate attarverso Facebook; siamo stati lobotomizzati per essere schiavi. E’ necessario, dunque, aprire un dibattito pubblico su come cambiare i mass-media”.

E’ il pensatore Serge Latouche ad auspicare l’uscita, nel pensiero comune, dal concetto di crescita economica: “L’economia è un concetto e non qualcosa di naturale o universale; molti popoli non pensano come noi occidentali che abbiamo economicizzato tutto. Alla base del nostro modo di pensare vi è una colonizzazione dell’immaginario dove i concetti di produzione, di risorse e consumo sono senza limiti; una illimitazione dei bisogni e dei conseguenti rifiuti. E’ necessario dunque decolonizzare l’immaginario, uscire dalla religione del consumismo e demercificare la realtà, la terra, il lavoro. La vera ricchezza sono le relazioni sociali; l’economia deve essere vista come un mezzo, dunque, e non come il fine”.

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