Opinioni

Accumulo energetico. La sciagurata scommessa italiana sul gas

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Immagazzinare l’energia ricavata da sole e vento è ancora un problema. Ma non lo risolveremo continuando a puntare sulle centrali a gas.

 

di Mauro Romanelli, presidente Associazione Ecolobby

Il punto più debole delle due principali forme di energia rinnovabile, ovvero l’energia eolica e quella fotovoltaica, è la loro non programmabilità.
Sole e vento non sono ai nostri comandi, mentre la nostra società super complessa ha bisogno di certezze per l’industria, il sistema dei servizi, la sanità, i trasporti, i consumi domestici, l’agricoltura e via dicendo: non possiamo permetterci momenti di vuoto e comunque perlomeno è necessario, anche in caso di black out, uno stock energetico di riserva per i bisogni assolutamente irrinunciabili (per esempio i macchinari ospedalieri).

Se solare ed eolico, nettamente le fonti più pulite, considerando tutto l’impatto del ciclo vita (estrazione materiali, installazione, manutenzione, smaltimento), e oggi ormai anche le più economiche, non soffrissero di questo tallone d’Achille avrebbero già mandato in soffitta ogni velleità sia fossile che dei sempre riemergenti aficionados dell’atomo.
Eppure ormai istituzioni come l’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) o l’Agenzia Mondiale per l’Energia dicono parole ultimative: è urgente compiere la transizione rinnovabile.
Come fare, allora?

Ci sono varie soluzioni, anche se ad oggi quella definitiva ancora non c’è, e per questo purtroppo molti spingono per affiancare ancora per molti anni alle rinnovabili una quota di produzione da centrali a gas e/o nucleari.

Ma il gas si è dimostrato climalterante molto più del previsto, in particolare per le perdite di rete, e ultimamente ha visto calare nettamente le proprie quotazioni (l’ultimo rapporto dell’Ipcc stima molto al rialzo il contributo del metano all’innalzamento della temperatura), mentre il nucleare merita un ragionamento a parte, ma ha ovviamente molte problematiche: chi scrive è personalmente assai contrario, se non altro per la storica ambiguità tra l’uso civile e quello militare e per il fatto che è tecnologia che concentra il potere, approcciabile solo da grandi multinazionali, quindi poco democratica.

Sicuramente altre energie rinnovabili, non affette da discontinuità, possono servire utilmente a questo ruolo di supporto di cui eolico e fotovoltaico abbisognano: geotermia, idroelettrico, biomasse/biogas. Però non sono quantitativamente sufficienti.

Un’altra via sono gli accumulatori a batteria, che verrebbero caricati sempre da eolico e fotovoltaico quando la produzione è in surplus stoccandola per i momenti di “magra”: anche se le batterie hanno la loro problematicità sicuramente possono interconnettere rete energetica e sistema del trasporto elettrico (ricarica auto e bici elettriche, ecc), e la possibilità di forte riciclo della componentistica e dei minerali rari come il litio è tutto sommato a portata di mano.
Il problema è che le batterie appaiono utili su scale temporali limitate: giornaliera, settimanale. Ma per l’accumulo stagionale, ovvero per far fronte alla forte variabilità stagionale di vento e sole, come si fa?

Un altro modo è accumulare energia producendo idrogeno per elettrolisi dell’acqua, sempre utilizzando l’energia prodotta da sole e vento quando sono in surplus: sarebbe il cosiddetto idrogeno verde.
Ma la conversione da energia eolica/fotovoltaica a idrogeno è abbastanza inefficiente, inoltre l’idrogeno è molecola piccolissima e ha notevoli problemi di stoccaggio e trasporto: sicuramente sarà indispensabile per alcuni specifici settori, dove ad oggi pare non esserci alternativa, trasporto pesante, navi, cementifici, acciaierie, ma in generale come soluzione non è decisiva neppure questa.

Molti stimano che si dovrebbero usare molto di più i pompaggi idroelettrici, che in Italia paiono effettivamente sottoutilizzati, mentre altre soluzioni a cui si sta lavorando sono quelle meccaniche come aria compressa, volani, accumulo gravitazionale.

Un modo molto affascinante di affrontare il problema è ribaltarlo: se l’offerta non sempre risponde alla domanda si può cercare di rendere più flessibile la domanda perché si adegui meglio all’offerta, con meccanismi come le smart grid e il sistema demand/respone.
Di certo la ricerca sta andando avanti a ritmo forsennato, soprattutto su nuove batterie sempre più performanti.

Per questo non appare affatto giustificato il modo in cui ha per adesso risolto il problema il nostro Paese, ovvero puntando decisamente e massivamente sul gas. Attraverso un meccanismo di incentivazione, chiamato capacity market, è stata messa all’asta la realizzazione di centrali appunto dedicate a questo ruolo di stabilizzazione della rete, con incentivi generosissimi per nuove centrali a gas.

Una scelta davvero pessima, criticata pesantemente da tutto il mondo ecologista e scientifico, e che appare più che altro mirante ancora una volta a tenere in vita il sistema economico dell’energia fossile.
Chissà se i nuovi dati scientifici sulla pericolosità del gas indurranno i nostri governanti a mettersi una mano sulla coscienza e a ripensare questa scelta sciagurata.

Mauro Romanelli

 

Mauro Romanelli – Laureato in Biologia, genetista, si è occupato anche di economia ambientale, è stato responsabile Istruzione dei Verdi italiani e segretario dei Verdi della Toscana, assessore provinciale e consigliere regionale.
Ha lavorato nel campo dell’assistenza alle persone con disabilità.
Nel 2019 ha fondato l’Associazione Ecolobby.