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Alimenti etnici, l’80% contiene ingredienti non dichiarati. Dna animale anche in prodotti vegetariani

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Risultati sorprendenti da uno studio dell’Università di Pisa finanziato dal ministero della Salute: “Passo avanti fondamentale per contrastare le frodi”.

 

Redazione
13 ottobre 2025

PISA – Quasi l’80% dei prodotti etnici destinati al consumo umano venduti in Italia contiene ingredienti non dichiarati in etichetta. È quanto emerge da una ricerca condotta dal FishLab del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa, guidato dal professore Andrea Armani e pubblicata su Food Control, rivista scientifica di riferimento a livello internazionale per la sicurezza alimentare.

Lo studio ha analizzato 62 alimenti venduti tra Lazio e Toscana individuando anche la presenza di specie allergeniche non dichiarate, come pesci e molluschi, con potenziali rischi per la salute dei consumatori. Per la prima volta in Italia è stata impiegata su larga scala la tecnica del metabarcoding, una tecnologia di sequenziamento di nuova generazione (NGS) che consente di identificare in un unico test tutte le specie presenti in un alimento complesso, rivelando così ingredienti nascosti o non conformi.
La ricerca, durata due anni e finanziata dal Ministero della Salute, è stata condotta in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana.

I casi più eclatanti

Dai risultati sono emersi casi sorprendenti: prodotti etichettati come vegetariani contenevano DNA di maiale, pollo o pesce; in un campione dichiarato “solo pollo” sono state trovate tracce di manzo, anatra e persino cervo; un alimento a base di riso riportava la presenza di molluschi come vongole e ostriche che, però, non risultavano dichiarati; in altri casi ingredienti indicati sull’etichetta – ad esempio gamberi o uova – non sono stati rilevati affatto.

Un passo avanti per contrastare le frodi

I nostri risultati non devono essere letti in chiave repressiva – sottolinea Alice Giusti, ricercatrice del Dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università di Pisa e prima autrice dello studio – ma come uno strumento di tutela per tutti: per i consumatori, che hanno diritto a informazioni corrette e sicure e per gli operatori che intendono lavorare nella legalità e distinguersi per trasparenza e qualità. Oltre a offrire nuove garanzie per chi segue diete specifiche come vegetariani, vegani o persone con esigenze religiose, la ricerca rappresenta un passo avanti fondamentale per contrastare frodi e irregolarità nella filiera alimentare, favorendo al tempo stesso la crescita di un settore in forte espansione anche nel nostro Paese”.

La strumentazione utilizzata (foto Università di Pisa)
La strumentazione utilizzata (foto Università di Pisa)

 

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