Bioarchitettura

Bioedilizia e materiali naturali, bisogna aggregare gli attori e fare rete

Bioedilizia e materiali naturali, serve aggregare gli attori per fare rete
Nella foto il bioarchitetto Giovanni Galanti

Gli esperti parlano chiaro: “E’ necessario costruire una rete di imprese e progettisti per stimolare la domanda e le istituzioni”.

 

di Marcello Bartoli

Si è parlato di casa bio-ecologica e di integrazione tra settore edilizio e filiera dell’agricoltura biologica all’incontro online organizzato da Toscana Bio per la Sostenibilità con gli esperti Egidio Raimondi della Fondazione Est Ovest e il bioarchitetto Giovanni Galanti, moderati dal presidente dell’associazione Alberto Bencistà.

Da quando Ugo Sasso fondò nel 1987 a Bolzano l’Istituto Nazionale di Bioarchitettura le cose non sono migliorate molto nel nostro Paese in termini di diffusione di edifici e abitazioni costruiti con tecniche naturali. Eppure in occasione della Conferenza mondiale ONU di Madrid del 2019 sui cambiamenti climatici (Cop25), sono stati messi nero su bianco i dati dell’inquinamento derivato dall’edilizia convenzionale, un modello che ormai sembra essere insostenibile.

Giovanni Galanti ha conosciuto i big del settore in giro per il mondo ed è stato un amico di Ugo Sasso. Dalla loro collaborazione sono nati un libro, tanti laboratori di bioarchitettura e diversi incontri in autorevoli master accademici. Tra le esperienze importanti di Galanti c’è quella con il Centro Interuniversitario Abita e il professor Marco Sala.
“Le conoscenze sulla bioedilizia devono essere condivise il più possibile tra appassionati e professionisti – dice Galanti – ancor di più adesso che si è aperta un’enorme discussione sul Recovery Fund e sulle conseguenze della pandemia. Anche la bioedilizia patisce le contraddizioni profonde del mercato. Dovremmo parlare di riconversione perché il nostro Paese ha un’occasione importante per rivedere il proprio patrimonio. Riconvertire non significa solo integrare edificio e fonti rinnovabili ma coniugare capacità progettuali con l’eliminazione della chimica e della petrolchimica dall’edilizia. Mi riferisco all’utilizzo di materie prime naturali per gli isolamenti termici, che provengono dal riciclo, non solo industriale ma agricolo”.

“Le tecnologie dolci e antiche, insomma, possono essere recuperte in ottica contemporanea – continua Galanti – e oggi il settore degli isolanti naturali derivati da risorse vegetali è ormai conosciuto e non più di nicchia. E’ possibile coniugare l’agricoltura bio con l’edilizia bio. L’abitare non può considerare solo l’aspetto energetico ma anche e soprattutto quello della salute. L’agricoltura è ricca di risorse di scarto che potrebbero essere riutilizzate in economia circolare. L’edilizia di altri Paesi pratica il recupero e utilizza la canapa, la calce, la paglia e il legno”.

Inevitabile anche un riferimento all’Ecobonus 110%. “L’Ecobonus non esclude i materiali super ecologici, anzi, i riferimenti ai criteri minimi ambientali del decreto sono relativi alla pericolosità dei materiali isolanti che possono contenere sostanze espandenti e chimiche. La bioarchitettura che impiega materiali naturali guarda alle piccole aziende di filiera perché le grandi multinazionali raramente hanno abbracciato le soluzioni ecologiche. In Toscana e in Italia abbiamo una serie di piccole imprese della bioedilizia che vanno sostenute. Farsi una casa utilizzando i bonus, che sia magari performante ma non ecologica e salubre, è una contraddizione. Si tratta di aggregare gli attori per fare rete perché non c’è un’organizzazione dell’architettura ecologica”.

I regolamenti edilizi attuali contengono norme molto concentrate sull’aspetto energetico, ma i problemi possono riguardare la salute, i costi indiretti e l’impatto ambientale. Il tema è insomma culturale. I professionisti non conoscono i materiali ecologici e si orientano su quelli convenzionali e ci sono poi resistenze da parte delle imprese, ma esiste comunque una domanda di bioedilizia che può essere stimolata. Il network degli attori potrebbe fare sistema con i biodistretti. Sono stati i grandi interessi che sino ad ora hanno ostacolato la diffusione della bioarchitettura?

Giovanni Galanti è architetto e dottore di ricerca, designer e docente universitario. Esperto di edilizia ecologica, ha collaborato con varie associazioni di professionisti impegnati sui temi della bioarchitettura. Oltre ad aver tenuto corsi in materie tecnologiche e design in varie università italiane, si è occupato del trasferimento delle tecnologie sostenibili in Paesi di area tropicale e ha partecipato al progetto europeo destinato a Messico, Perù e Argentina nell’ambito delle iniziative di Intelligent Energy Europe. E’ stato tutor del laboratorio progettuale di specializzazione post laurea in Bioarchitettura e docente nel master di II livello Casaclima Bioarchitettura all’Università Lumsa di Roma.

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