Inquinamento

Follonica, Arpat: “I gessi rossi non hanno inquinato le falde acquifere”

Arpat: "I gessi rossi non hanno inquinato le falde acquifere"
Stefano Vignaroli, presidente della Commissione parlamentare Ecomafie.

La relazione di Arpat e Regione smentirebbe la Commissione Ecomafie circa la contaminazione delle acque sotterranee alla cava di Poggio Speranzona.

 

Redazione

FOLLONICA (Gr) – La Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali ad esse correlati (Commissione Ecomafie), istituita nel 2018, aveva approvato alcuni mesi fa una relazione che delineava un caso di inquinamento ambientale molto preoccupante per la Toscana riguardante la cava esaurita di Poggio Speranzona e la relativa gestione del rifiuto gessi rossi a Scarlino (Grosseto). Si parlava di oltre 3 milioni di tonnellate conferiti dal 2004 nella cava. I gessi in questione erano ottenuti unendo i fanghi rossi, scarto di produzione del biossido di titanio, con la marmettola, scarto di lavorazione del marmo di Carrara. 

L’impegno per il ripristino ambientale della cava era stato approvato nel 2004 con un accordo volontario tra Regione Toscana, Huntsman Tioxide Europe (oggi Venator Italy), che produce pigmenti di biossido di titanio (utilizzati come ingredienti in moltissimi prodotti, dalle pitture industriali ai cosmetici), Comuni del territorio, provincia di Grosseto, Arpat e Asl ma “Il rilascio nei terreni di solfati, cloruri, manganese, nichel, cromo e ferro – lamentava la Commissione parlamentare – ha portato nel tempo alla contaminazione delle acque sotterranee alla cava”.

La destinazione dei gessi rossi, ai fini del loro corretto smaltimento, dovrebbe essere una discarica idonea, in quanto impianto realizzato con l’impermeabilizzazione del fondo che dà la sicurezza della protezione della falda, salvaguardandola dal rilascio degli inquinanti presenti nei gessi” riporta la relazione della Commissione Ecomafie.

A Scarlino però i gessi rossi sono stati utilizzati nel recupero dell’ex cava esaurita di Poggio Speranzona, a Montioni, nel Comune di Follonica. Se è vero che la normativa consente di rilasciare questo rifiuto nelle cave, è altrettanto vero che lo permette solo nel caso in cui si sia isolato il terreno, proprio per impedire al materiale di arrivare alle falde, inquinandole. E proprio Stefano Vignaroli, presidente della commissione Ecomafie, aveva dichiarato che “se io ho un rifiuto da smaltire in discarica questo processo lo devo pagare. Quindi quest’azienda si è evitata di pagare oltre 200 milioni di euro considerandolo come materiale per riempire le cave”.

Diverse le conclusioni a cui sono arrivati Arpat e la Direzione Ambiente ed Energia della Regione Toscana che hanno presentato ieri una relazione con i risultati dei controlli ambientali sulle attività di gestione dei gessi rossi. “Dalla relazione emerge chiaramente che dagli scarti collocati nell’ex cava non sono derivati problemi ambientali – ha commentato l’assessora all’Ambiente Monia Monni – ma ci dice anche che questi scarti non possono essere collocati in qualunque luogo e che occorrono valutazioni sito-specifiche molto puntuali”.

Il direttore tecnico di Arpat Mossa Verre dal canto suo ha sottolineato che “come illustrato e attestato da studi e pubblicazioni scientifiche effettuate sull’area, l’idrogeologia e la geochimica dell’area dell’ex cava di Montioni è fortemente influenzata e caratterizzata dai processi geologici che l’hanno interessata in passato e tuttora la interessano. Le rilevazioni che abbiamo condotto in circa 15 anni hanno messo in evidenza la mancata correlazione tra la composizione delle acqua di falda e le sostanze rilasciate dai gessi rossi. Infine, un eventuale processo di lisciviazione dei gessi rossi non trova riscontro nei monitoraggi effettuati in questo periodo di rilevazioni”.

Regione e Arpat devono venire a Follonica per un confronto pubblico insieme al Comune, ai cittadini e alle attività imprenditoriali – è la richiesta di Andrea Benini, sindaco di Follonica – e l’incontro va fissato il prima possibile, alla presenza anche dei rappresentanti della Commissione parlamentare sulle ecomafie. Un confronto senza ideologie politiche, ma basato solo su dati scientifici”.

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