Ecosistema

Golfo di Follonica, microplastiche sotto controllo dopo il recupero delle ecoballe

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Recupero di un'ecoballa (foto Marina Militare)

E’ quanto emerge dalle indagini di Greenpeace. Ma il problema è in crescita altrove, in particolare nel Canale di Corsica fino a Capraia.

 

di Gabriella Congedo

FOLLONICA (Gr) – La bomba ecologica è stata disinnescata in tempo. Non ci sono livelli elevati di microplastiche nei mitili e nelle spigole prelevate nel Golfo di Follonica, il tratto di mare interessato dallo sversamento di 56 balle di rifiuti di plastica avvenuto nel 2015 ad opera della motonave IVY, e oggi in buona parte recuperate.
È quanto emerge dalle indagini effettuate nell’estate 2020 nel Tirreno centro-settentrionale da Greenpeace con il Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’Università Politecnica delle Marche e l’Università di Genova, i cui risultati sono stati diffusi pochi giorni fa.

L’esistenza di tonnellate di rifiuti inabissati nel Golfo di Follonica è rimasta a lungo sotto silenzio. Quando la vicenda è venuta a galla il recupero è stato al centro di un’incredibile rimpallo di responsabilità e di complicazioni burocratiche. Nel luglio 2020 finalmente il Governo ha decretato lo stato di emergenza nazionale dando avvio, di fatto, alle operazioni di ripescaggio.

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Adesso i risultati delle indagini di Greenpeace fanno tirare un sospiro di sollievo al sindaco di Piombino Francesco Ferrari: “Siamo riusciti a evitare un vero e proprio disastro ambientale. Siamo felici di sapere che le analisi realizzate da Greenpeace non evidenziano una situazione critica: significa che il lavoro fatto nel nostro golfo ha effettivamente disinnescato una bomba che avrebbe avuto conseguenze disastrose per l’intero territorio”.

Se nel Golfo di Follonica la contaminazione da microplastiche è sotto controllo il problema è in crescita altrove. In particolare, secondo la ricerca, nel Canale di Corsica fino a Capraia, con concentrazioni superiori al milione e mezzo di particelle per chilometro quadrato, paragonabili a quelle presenti nei grandi vortici oceanici. Un dato concorde con quanto già emerso da altre ricerche condotte nella stessa zona, sottolinea Greenpeace, dove a causa di una circolazione anticiclonica nota come Capraia Gyre può crearsi una zona di accumulo transitoria di microplastiche.

I risultati indicano che le microplastiche e, soprattutto, le microfibre si accumulano anche in zone teoricamente lontane da sorgenti di inquinamento”, spiega Francesca Garaventa, referente della ricerca per CNR-IAS. “Le indagini preliminari a differenti profondità nella colonna d’acqua confermano che la presenza di microplastiche e microfibre è molto più elevata a 10 metri rispetto alla superficie. Inoltre la grande abbondanza di fibre trovata, sia di materiale naturale che sintetico, conferma la necessità di ulteriori ricerche per comprendere appieno il comportamento delle microplastiche in mare, e proveremo a farlo già nella spedizione di quest’anno”.

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