Impatto (quasi) zero - di Laura Lop

Il bliss point, ovvero il punto della beatitudine

hamburger plastificato

Una furba strategia di marketing che ci induce a consumare ciò che non dovremmo in cambio di pochi momenti di piacere.

 

di Laura Lop

Non si finisce mai di imparare, e per fortuna, aggiungo io.
La mia nuova scoperta è il concetto del bliss point, traducibile in Italiano come punto di felicità, di beatitudine, usato in campo alimentare per rappresentare quell’equilibrio ottimale di ingredienti che rendono un alimento al suo stato più appetibile.

Ci sono studi che dimostrano come il nostro cervello reagisca producendo endorfine e uno stato di benessere che ci rimane talmente impresso da renderci dipendenti, o quanto meno desiderosi di riprovare quella sensazione così gratificante.
La ricetta magica si applica soprattutto nella creazione di alimenti confezionati con lo scopo di aumentare le vendite. Ma la conseguenza collaterale di questi mix di zuccheri, aromi e grassi è l’abbassamento di attenzione a ciò che acquistiamo e mangiamo, pilotati dal desiderio primario delle nostre simpatiche endorfine scatenate.
Frustrati, troppo impegnati, bombardati da cattive notizie, chi di noi non ambisce al benessere? Se poi è fast, veloce, già confezionato, trasportabile ed economico, il bingo è fatto.

Peccato che il bliss point sia studiato da strateghi del marketing e non da operatori olistici, per cui trascorsi i pochi minuti di piacere ritorniamo alle solite nostre miserie. E per di più malnutriti e pieni di rifiuti.
In preda all’illusione di una mente appannata ci ritroviamo complici di aver abboccato all’invenzione consumistica dell’usa e getta. Ma getta dove?

E’ inconfutabile quanto comoda sia diventata la nostra – il più delle volte insoddisfatta – vita quotidiana. Possiamo tranquillamente lievitare in uno stato di semi veglia costante, il mercato è in grado di pensare per noi, ultimamente anche con l’intensificazione di messaggi ambientalisti destinati ad alleggerirci la coscienza.
Pensiamo alla plastica, è diventata così fondamentale per noi che paradossalmente ce la stiamo rimangiando attraverso la catena alimentare. E nonostante tutte le attività plastic free, la produzione di plastica rimane troppo alta e rimane per sempre.

Da otto anni ogni luglio si celebra il Plastic free July (www.plasticfreejuly.org), una campagna nata in Australia e oggi diffusa in tutto il mondo che invita le persone a rinunciare per un periodo a oggetti e imballaggi monouso di plastica e a condividere queste azioni sui social.
Lo scopo è quello di divulgare gli effetti nocivi, ma soprattutto le alternative ecologiche che abbiamo a disposizione, sentendoci una comunità di persone che aprendo gli occhi reagiscono al gioco di ruolo del consumatore folle, pedine di un triste gioco planetario che potrebbe chiamarsi “consuma tutto, che t’importa!”.
Ogni idea nasce da un’esigenza e il ritorno al buon senso e alla sobrietà è pressante, da qui il fiorire di nuovi progetti come la stoviglioteca. Ma di questo parleremo la prossima volta…

 

Laura Lo Presti vive sulle colline del Montalbano, circondata dalla Natura e dai suoi gatti. Attivista ambientale per passione, collabora con il Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori (www.rifiutizerocapannori.it) e con Ekoe società cooperativa (www.ekoe.org) per la commercializzazione di stoviglie e imballi ecologici.







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