Inquinamento

Inquinamento PFAS, mozione ferma da mesi in Consiglio regionale

Il torrente Egola
Il torrente Egola

Tommaso Fattori, capogruppo di Sì Toscana a Sinistra: “Dobbiamo intervenire per tempo e impedire che la Toscana precipiti in un’emergenza simile a quella che oggi deve affrontare il Veneto”.

Sì Toscana a Sinistra solleva nuovamente il tema dell’inquinamento da PFAS, sigla che sta a indicare una famiglia di composti chimici (acidi perfluoroalchilici) utilizzati prevalentemente in campo industriale.
Il capogruppo Tommaso Fattori fa notare come una mozione protocollata in Consiglio regionale già la scorsa estate non sia stata ancora discussa. Vi si chiede una nuova indagine sui principali bacini idrici della Toscana e uno specifico piano di monitoraggio sugli impianti di depurazione del distretto conciario e tessile, nonché maggiori controlli delle acque potabili.

“I PFAS sono sostanze chimiche persistenti perché non degradano nell’ambiente – spiega Fattori – che possono contaminare le acque e di conseguenza entrare nella catena alimentare, generando potenziali rischi per la salute come varie forme di tumore, complicazioni in gravidanza, problemi al sistema endocrino”.

L’inquinamento da PFAS è assurto tristemente all’onore delle cronache a causa della situazione delle acque sotterranee, superficiali e potabili in molti Comuni veneti. Una ricerca del CNR del 2013 e successivi studi hanno rilevato la presenza di queste sostanze chimiche nel sangue e nei tessuti degli abitanti.

“In Toscana quella stessa ricerca – aggiunge Fattori – pur non segnalando elementi di allarme per le acque destinate al consumo umano, individuò la presenza di PFAS nell’Arno, connessa alle attività del distretto tessile di Prato e del distretto conciario di Santa Croce sull’Arno. Adesso i nuovi dati Arpat 2017 mostrano un quadro ulteriormente peggiorato. Dobbiamo intervenire per tempo e impedire che la Toscana precipiti in un’emergenza simile a quella che oggi deve affrontare il Veneto. Per questo anche in Toscana devono essere nuovamente analizzati tutti i potenziali fattori di rischio connessi alle attività industriali, soprattutto nei distretti conciari e tessili, avvalendosi delle competenze del mondo universitario e della ricerca”.

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