Agricoltura

Inverno troppo caldo, si prevede annata pessima per il miele toscano

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Cia Toscana: “Rischio di gelate tardive. Dopo l’annus horribilis 2019 (fino al – 85%) i produttori sperano in una primavera mite che possa far ripartire la produzione”.

 

Il clima impazzito negli ultimi anni ha messo in ginocchio uno dei settori più delicati, l’apicoltura. Dopo l’annus horribilis 2019, con le produzioni che sono precipitate (fino al – 85%), anche l’annata in corso non promette bene a causa di un inverno mite che farebbe presupporre una primavera fredda. Intanto aumentano le importazioni dall’estero di prodotti dalla dubbia qualità. A sottolinearlo con un approfondimento nel numero di febbraio di Dimensione Agricoltura è la Cia Agricoltori Italiani della Toscana.

«Le previsioni per l’annata 2020 non sono per niente positive – sottolinea Franco Masotti, presidente Gie Apicoltura della Cia Toscana – Lo scorso anno la produzione non c’è praticamente stata in Toscana e in Italia, dobbiamo sperare che nonostante un inverno caldo il grande freddo non venga a primavera inoltrata, danneggiando irreparabilmente le fioriture».

Con il freddo in primavera poi le api non escono dalle arnie e gli apicoltori devono intervenire per nutrirle, con un forte aumento dei costi di produzione, in particolare per chi fa nomadismo visto che deve aggiungere i costi del gasolio. «Minore produzione (di miele, ma anche di propoli e pappa reale) significa apicoltori che smettono l’attività – aggiunge Masotti – e quindi meno api, perché senza gli apicoltori non ci sarebbero nemmeno le api. C’è bisogno che la politica a livello europeo faccia un passo in avanti, qualcosa si è mosso (stop ad alcuni neonicotinoidi) ma serve di più».

E poi gli apicoltori devono fare i conti con un prodotto d’importazione con cui è impossibile competere sul fronte dei prezzi: sugli scaffali della grande distribuzione si trovano vasetti di miele da mezzo chilo a 1,29 euro, mentre un prezzo remunerativo per la stessa quantità di miele prodotto in Italia è di almeno 5 euro per il millefiori e di 6 euro per il monofloreale.

Da noi i costi di produzione sono molto alti (la prima voce è il personale) superiori di 5 volte rispetto ai paesi extra UE. Quindi, conclude Masotti, “oltre a valutare il prezzo del prodotto finale (che dovrebbe essere maggiore di almeno 5 volte) bisognerebbe analizzare la qualità del miele che arriva da fuori. Quello importato viene prodotto con regole diverse e questo il consumatore lo deve sapere».

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