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Mafia ed Ecomafia, Toscana al sesto posto per illegalità ambientale

Mafia ed ecomafia, Toscana ambiente.
Dai rapporti di Legambiente e della Scuola Normale di Pisa emerge un quadro fosco. La mafia ripulisce fiumi di denaro sporco in diverse attività ‘imprenditoriali’.

 

E’ un quadro fosco quello che emerge dai report di Legambiente e della Scuola Normale di Pisa. E la Toscana non è messa affatto bene. La classifica regionale dell’illegalità ambientale per il 2019 vede la Toscana classificarsi al sesto posto con 2.197 reati, il 6,3% sul totale nazionale, 1920 persone denunciate, due arresti e 451 sequestri. Campania, Puglia, Sicilia e Calabria le regioni dove si commettono più reati. La Lombardia colleziona più arresti. Sono questi e altri i dati interessanti emersi dal Rapporto Ecomafia 2020 realizzato da Legambiente.

In tutta Italia preoccupa il boom degli illeciti nel ciclo del cemento, al primo posto della graduatoria per tipologia di attività ecocriminali, che superano nel 2019 quelli contestati nel ciclo di rifiuti. Da segnalare anche l’impennata dei reati contro la fauna e quelli connessi agli incendi boschivi. Da capogiro il business potenziale complessivo dell’ecomafia, stimato in 19,9 miliardi di euro per il solo 2019, e che dal 1995 a oggi ha toccato quota 419,2 miliardi. A spartirsi la torta, insieme a imprenditori, funzionari e amministratori pubblici collusi, sono stati 371 clan (3 in più rispetto all’anno prima) attivi in tutte le filiere: dal ciclo del cemento a quello dei rifiuti, dai traffici di animali fino allo sfruttamento delle energie rinnovabili e alla distorsione dell’economia circolare.

La Toscana si conferma uno dei territori  in Italia privilegiati per le attività di riciclaggio e i reati economico-finanziari su larga scala, come emerge dal IV Rapporto sui fenomeni di criminalità organizzata e sulla corruzione, curato dalla Scuola Normale di Pisa su incarico della Regione. La vocazione regionale privilegiata è  quella ‘imprenditoriale’ per ripulire prima di tutto i fiumi di denaro sporco che arrivano dalle attività condotte altrove. Le principali attività economiche per le quali si è verificato un accesso criminale sono l’edilizia (42%) e i rifiuti (21%), che comprendono anche le attività di trasporto e trattamento rifiuti e inerti, oltre che lavori di manutenzione e gestione di discariche.

Fonte: Legambiente e Scuola Normale di Pisa