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Roberto Buizza risponde ai negazionisti dei cambiamenti climatici

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Il docente dell’Istituto di Scienze della Vita della Sant’Anna di Pisa interviene nel dibattito sui cambiamenti climatici e risponde a coloro che negano l’emergenza ambientale.

 

di Roberto Buizza

Allego alcune considerazioni che spero possano stimolare il dibattito sui cambiamenti climatici (CC), tra gli studenti del movimenti “Fridays For Future”, tra i politici e i “decision makers”, tra la gente comune e gli esperti. Spero che siano sufficientemente chiari e stimolanti e che ci aiutino a prendere decisioni corrette basate su fatti ed informazioni.

Dati e osservazioni continuano a indicare che la concentrazione dei gas serra (GHGs) continua a crescere sempre più velocemente, che la Terra continua a scaldarsi e che i ghiacci dell’Artico continuano a sciogliersi; vorrei sottolineare che non cambiano solo i valori medi, ma anche la variabilità: con un atmosfera più calda (e mari più caldi) gli eventi estremi possono essere più intensi e più frequenti, e le variazioni dei fenomeni meteorologici più marcate (con maggiore variabilità può anche accadere che si possano verificare inverni molto freddi, anche con un continuo riscaldamento).

L’Italia è uno dei Paesi più esposti a danni da fenomeni meteo estremi ed è localizzata, geograficamente, in una delle regioni dove ci si aspetta di osservare cambiamenti climatici più evidenti: è quindi nell’interesse del Paese agire al più presto.

Il problema dei cambiamenti climatici va affrontato urgentemente perché, con una popolazione mondiale di 7.5 miliardi e in continua crescita, il numero delle persone che vengono colpite da eventi estremi cresce sempre di più: nel futuro, se la Terra continua a riscaldarsi, dobbiamo aspettarci che il numero dei migranti legati ai cambiamenti climatici, che scappano da condizioni climatiche impossibili, continuerà a crescere di un fattore 10-100; chi ha più risorse, e ha causato l’aumento delle emissioni che osserviamo, ha il dovere morale di aiutare chi ne ha meno, i deboli che non sono in grado di affrontare eventi estremi quali ondate di calore, siccità, alluvioni.

Noi tutti siamo responsabili dei cambiamenti climatici, l’umanità è responsabile: l’impatto delle attività umane sul clima della Terra è dominante rispetto all’effetto delle variazioni naturali; dobbiamo agire su tutti i fronti, dato che quasi tute le attività umane contribuiscono alle emissioni di GHGs; per esempio, in media globalmente, la produzione di energia elettrica e riscaldamento/raffreddamento degli edifici sono la causa del 25% circa delle emissioni di GHGs; vi invito a guardare i rapporti dell’Inter-governmental Panel on Climate Change per ulteriori informazioni e dati sulle cause del riscaldamento osservato.

In termini assoluti, la Cina è il paese che contribuisce maggiormente alle emissioni totali di GHGs, ma una misura più corretta per confrontare il contributo dei diversi Paesi è il valore delle emissioni per persona: tale misura tiene conto del fatto che tutti gli abitanti della Terra hanno diritto ad avere accesso all’energia necessaria per vivere, crescere e svilupparsi; in termini di emissioni-per-capita, US, Canada, Australia e l’Europa sono i paesi con i valori più alti.

Nell’ultima decade, l’Europa è riuscita a ridurre il valore totale delle emissioni di GHGs; se analizziamo le emissioni dei quattro paesi EU più grandi, possiamo vedere che la riduzione è stata ottenuta in parte utilizzando sempre più sorgenti di energia rinnovabili, e in parte trasformando l’economia (come indicato, ad esempio, dalle emissioni di GHGs necessarie per generare crescita economica, in altre parole da un indice di quante emissioni siano state prodotte per generare crescita economica).

Ad oggi, la crescita economica è stata principalmente e quasi ovunque associata a una crescita delle emissioni di GHGs, con periodi di crescita (o recessione) caratterizzati da aumenti (o riduzioni) delle emissioni; questo legame tra crescita economica e aumento dei GHGs è evidente nella maggior parte dei paesi del mondo, a parte quelli che hanno investito per ridurre il livello delle emissioni dei GHGs (ad esempio utilizzando sempre più energie rinnovabili), e disaccoppiare ‘crescita economica e crescita delle emissioni dei GHGs’.

In Italia, tra il 1990 ed oggi la percentuale della produzione elettrica con sorgenti rinnovabili è cresciuta di un circa un fattore 2 (segnalo che altri paesi hanno fatto molto meglio: ad esempio in Germania e UK tale percentuale è cresciuta di un fattore 8 e 12, rispettivamente); anche in termini di trasformazione economica, l’Italia non ha ottenuto gli stessi livelli di trasformazione che hanno ottenuto altri paesi, quali la Germania o UK.

In generale, occorre purtroppo segnalare che in termini di produzione di energia elettrica, ad esempio, la trasformazione verso energie rinnovabili è molto lenta: ad oggi, tutti i paesi con i valori maggiori delle emissioni di GHGs per capita, a parte il Canada, hanno una produzione da sorgenti rinnovabili in media di solo il 30%; occorre fare di più.

Dobbiamo agire in fretta: in Italia, tale segnale è stato inviato alle istituzioni a luglio: 300 scienziati esperti di clima, fisica, matematica, chimica, oceanografia, hanno scritto una lettera ai presidenti di Camera, Senato, della Repubblica e del Consiglio, chiedendo che l’Italia prenda le azioni necessarie per raggiungere l’obiettivo di ‘zero emissioni nette di GHGs’ entro il 2050: siamo in attesa che le commissioni di Camera e Senato dibattano tale lettera e rispondano a tale richiesta con decisioni chiare, mettendo in atto una strategia a lungo termine che aiuti a risolvere il problema dei cambiamenti climatici. La petizione è stata pubblicata anche sul sito change.org , dove ad oggi ha raccolto circa 21,500 firme: cerchiamo di raggiungere le 50,000 firme cosi da mettere pressione sulle istituzioni affinché agiscano in fretta!

Concludo ribadendo che è necessario trasformare i processi produttivi, il trasporto, aumentare l’efficienza, cambiare gli stili di vita, per riuscire a de-carbonizzare l’economia e raggiungere ‘zero emissioni nette di GHG’ sicuramente entro il 2050, ma direi il prima possibile, per evitare che le generazioni future debbano affrontare situazioni sempre più complesse e difficili da gestire. Investimenti che abbiano tale obiettivo possono portare sia a una crescita economia sia a una diminuzione delle emissioni.

Abbiamo la tecnologia e le risorse per risolvere il problema dei CC: dobbiamo decidere di agire ora, e investire in modo da realizzare una nuova rivoluzione industriale verso ‘industry 5.0’, cioè una ‘industry 4.0’ de-carbonizzata; trasformare i sistemi di produzione dell’energia, e i sistemi di stoccaggio dell’energia, sono passi fondamentali da attuare; occorre cambiare la narrativa da ‘affrontare i CC consuma risorse’ a ‘investire in de-carbonizzazione può sia portare ad affrontare i problemi dei cambiamenti climatici, che una crescita economica’; l’obiettivo deve essere ‘crescita economica a zero-emissioni nette di GHG’; si può e si deve fare: si parla di investimenti dell’ordine del 2% del GDP di ogni paese, per i prossimi 20 anni, per arrivare a ‘zero emissioni nette di GHG’, non di cifre impossibili.

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