In laguna gravissima moria di pesci causata da mancanza di ossigeno e valori chimici fuori controllo. La Regione chiede sussidi e c’è chi propone ecodragaggi.
di Marcello Bartoli
30 luglio 2024
ORBETELLO (Gr) – Quella di Orbetello è una delle quattro aree toscane che figurano nell’anagrafe nazionale dei Sin insieme a Massa Carrara, Collesalvetti-Livorno e Piombino, siti di interesse nazionale da bonificare dove è stata accertata un’alterazione delle qualità ambientali del suolo, sottosuolo e acque sotterranee che potrebbero rappresentare un rischio per la salute. Il Sin di Orbetello si colloca interamente nell’ambito della laguna costiera per una superficie complessiva di circa 336 ettari di cui circa 64 di aree a terra.
La Toscana ha da pochi mesi aderito a un progetto di bonifica dei territori di Massa Carrara e Orbetello che si protrarrà per tre anni con l’approvazione di una delibera proposta dall’assessore al Diritto alla salute Simone Bezzini. L’azione rientra nel Piano nazionale per gli investimenti complementari al Pnrr che ha tra gli obiettivi ha l’elaborazione di una strategia per intervenire nelle aree territoriali contaminate del Paese.
Nel 2016 il ministero dell’Ambiente ha stanziato circa 30 milioni di euro per interventi di messa in sicurezza e bonifica nel Sin di Orbetello. Queste risorse sono rimaste però inutilizzate e nel 2023 l’attuale governo non le ha reinserite nel periodo di programmazione 2021-2027 del Fondo per lo sviluppo e la coesione così da poterle rendere nuovamente utilizzabili.
Una storia produttiva fatta di inquinamento
Sul promontorio dell’Argentario venne dato corso allo sfruttamento di ferro magnesifero delle miniere del Passo già a partire dal 1872 quando fu costruito l’impianto chimico di acido solforico (zona Orbetello scalo). Nell’area adiacente nel 1906 venne attivato uno stabilimento chimico per la produzione di colla, concimie altri prodotti (ex-Sitoco). L’impianto, ora dismesso, di proprietà prima della Montecatini, poi della Montedison e quindi della Sitoco (Federconsorzi), appartiene dal2004 alla società Laguna Azzurra S.r.l.
Il processo produttivo, impiegato per circa mezzo secolo, consisteva nel produrre fertilizzanti chimici attaccando le materie prime con acido solforico, prodotto nello stesso stabilimento a partire dalla pirite con il sistema delle camere a piombo. Le ceneri di pirite sono state negli anni accumulate nei terreni circostanti e nell’area lagunare contigua all’impianto nonché utilizzate come materiale per la costruzione di stagni. Intorno agli anni ’30 si aggiunse anche la fabbrica di dinamite, esplosivi e munizioni. Negli anni ’70, cessata la produzione di acido solforico, è proseguita quella di fertilizzanti. L’attività mineraria si è conclusa nel 1974 mentre quelle industriali sono terminate tra il 1990 e il 2006.
Secondo il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica le rilevazioni sullo stato di contaminazione dei suoli hanno rivelato negli anni la presenza di metalli pesanti e ceneri di pirite limitatamente all’area denominata Bacini, prospiciente l’ex stabilimento Sitoco (Laguna di Ponente). Nelle acque sotterranee invece si è rilevata la presenza di manganese, ferro, solfati. Nei sedimenti lagunari, infine, è stata riscontrata la presenza diffusa di metalli pesanti come il metil-mercurio nella Laguna di Levante, limitatamente all’area prospiciente la miniera Ex Ferromin e a un’area sotto Ansedonia.
Una crisi ambientale ed economica
Proprio in questi giorni le temperature record delle acque stanno provocando nell’area una massiccia moria di pesci. La causa sembra essere l’anossia (mancanza di ossigeno) provocata dall’alga Valonia aegagropila e da valori chimici fuori controllo. Dopo la nomina del professor Silvano Focardi a dirigere il comitato tecnico scientifico della Laguna “la decisione della Giunta regionale – dice il governatore Eugenio Giani – è quella di muoversi con un sostegno al Comune di Orbetello, con la richiesta di una una legge sui ristori per i pescatori e il riconoscimento dello stato di calamità naturale al Governo, come fu fatto nel 2015″.
Sulla questione è intervenuta anche l’associazione ecologista Ecofuturo: “La soluzione sta negli ecodragaggi a circuito chiuso per ripristinare la circolazione delle acque e attraverso le melasse e gli EM (microrganismi effettivi) mantenere equilibrio e ossigenazione”. Tra le soluzioni proposte da Ecofuturo ci sono anche: la pulizia e la manutenzione dei canali di collegamento con il mare; l’abbassamento del fondale; la rimozione e il riutilizzo delle alghe in un’ottica di economia circolare; il potenziamento della movimentazione dell’acqua con tecnologie adeguate; il collettamento e la depurazione dei reflui; il monitoraggio della qualità delle acque; la rimozione dei sedimenti inquinati per il recupero delle volumetrie nell’invaso idrico.
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