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Smaltimento dei fanghi di depurazione urbana, una crisi costosissima

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I costi non possono più essere quelli di quando si smaltivano in agricoltura. Alfredo De Girolamo, presidente Confservizi Cispel Toscana: “Servono chiarezza legislativa e nuovi impianti di smaltimento”.

 

“Lo smaltimento dei fanghi di depurazione urbana della Toscana, ovvero quei fanghi derivati dal trattamento di depurazione delle acque reflue urbane, è in piena crisi. Questo perché prima si smaltivano direttamente in agricoltura, con gli agricoltori che li chiedevano per risolvere i problemi di campi senza animali e quindi con carenza di sostanza organica, una soluzione che costava poco alle aziende incidendo pochissimo sulla tariffa idrica. Oggi invece tra indagini, inchieste, leggi e regolamenti che non ci sono, conflitti di competenze fra Stato e Regioni, in Toscana i fanghi dei depuratori civili sono considerati alla stessa stregua della Terra dei Fuochi.

Così la storia dice che negli ultimi mesi sono stati smaltiti altrove: se spandere fanghi sui terreni di casa nostra costava 50 euro a tonnellata, trattare fanghi per la discarica ne costa 180, andare fuori Toscana 250, all’estero 350. Così l’incidenza sulla tariffa idrica passa da 5 milioni di euro l’anno a 20. Con le tariffe, aumenta anche l’anidride carbonica che centinaia di autotreni producono per portare fanghi in giro per l’Italia se non fuori. Una crisi del settore che non trova soluzione”. Così Alfredo De Girolamo, presidente di Confservizi Cispel Toscana, lancia l’allarme al convegno sulle emergenze e prospettive future dei fanghi di depurazione urbana, tenutosi oggi a Firenze e organizzato da Associazione Idrotecnica Italiana e Ti Forma con il patrocinio dell’Associazione.

“Oggi in questo quadro incerto, i fanghi – prosegue il Presidente dell’Associazione – dopo un’estate di crisi che ha travolto anche il settore degli autospurghi, finiscono in discarica, unico provvedimento possibile ma ambientalmente il peggiore, contrario a tutti i principi della sbandierata economia circolare che tutti ricerchiamo. Incenerirli sarebbe un’altra soluzione, ma è complicato e comunque non abbiamo questo tipo di impianto. Altre strade non ci sono, se non smettere di depurare, ma questo è lo scenario più insostenibile e illegittimo”.

Occorre lavorare molto per uscire dall’impasse. “Sul quadro legislativo sono urgenti delle scelte del Governo, ci sono decreti tecnici fermi da mesi nei cassetti del Ministero dell’Ambiente dopo l’intesa con le Regioni di alcuni mesi fa. Occorrono inoltre investimenti negli impianti di depurazione per processi che riducano la quantità di fango: disidratazione, ispessimento, presse. Ma occorrono anche impianti per il recupero della frazione organica da definire attraverso specifici decreti end of waste, così come servono impianti per il recupero energetico. In Italia, Ispra stima in tre i milioni di tonnellate di fanghi civili, destinati a diventare presto quattro. Uno di quei rifiuti che è bene che aumenti, vuol dire che puliamo le acque. Sono 3 milioni di tonnellate in Italia destinate a diventare presto 4. E’ urgente però regolamentare con chiarezza un settore che dopo questa crisi necessita di stabilità, per evitare che a rimetterci siano le tasche dei cittadini” conclude De Girolamo.

La Toscana produce attualmente circa 110.000 tonnellate di fanghi civili l’anno, che diventeranno 130.000 nei prossimi anni, con il completamento della depurazione in tutte le zone. I fanghi di depurazione degli impianti a servizio delle fognature urbane sono da sempre stati utilizzati come fertilizzante ed ammendante dei terreni agricoli, pratica ampiamente diffusa in Europa, Italia e Toscana. Fino a settembre del 2016 circa il 40% dei fanghi toscani veniva recuperato in agricoltura nella nostra stessa regione, mentre il restante 55-60% avviato in compostaggio in impianti fuori regione (per mancanza di impianti in Toscana), con una piccola aliquota inferiore al 5% a incenerimento o discarica, per un costo complessivo di circa 10 milioni di euro l’anno.

Ad oggi invece tutti i fanghi del servizio idrico integrato toscano oltre a quelli destinati nelle discariche regionali a seguito dell’emergenza in base all’Ordinanza Reg. n. 3 dell’ottobre scorso vanno a recupero verso gli impianti di compostaggio o di trattamento nel nord Italia, Lombardia in particolare, ed all’estero verso termovalorizzazione con un aumento a stima di costo globale annuo di 18-20 milioni di euro, il quale peserà interamente sulle bollette pagate dai cittadini toscani in attesa della realizzazione degli investimenti da parte dei gestori del SII e degli impianti previsti in fase di autorizzazione da parte della Regione Toscana come quello previsto a Chiusi da 80.000 t/anno.

Fonte: Confservizi Cispel Toscana

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