Ecosistema

Sos faggio di Mannolini, il gigante dell’Appennino sta per morire

faggio-mannolini-garfagnana-toscana-ambiente
L’albero monumentale in Garfagnana è un simbolo di biodiversità ma è gravemente deperito e sembra essere arrivato alla fine del suo ciclo vitale.

 

SAN ROMANO IN GARFAGNANA (Ms) – E’ difficile abituarsi all’idea che anche un albero, così come un essere umano, possa invecchiare e poi morire, ma talvolta accade. L’albero monumentale è un sistema vivente complesso, un individuo unico che va accompagnato con la massima attenzione nel suo naturale processo evolutivo, anche quando l’albero si avvia a morire. Questo perché, nel ciclo delle cose, anche quando un gigante ad alto fusto muore mantiene un ruolo importante nell’ecosistema in cui è inserito.

Nel patrimonio del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano il Faggio di Mannolini ha bisogno di attenzioni particolari. Si trova in Garfagnana, nel Comune di San Romano, località Capanne Capringnana, al confine della Riserva Naturale dell’Orecchiella. Si tratta di un ‘faggione’ di 26 metri di altezza e circa 4,5 metri di diametro: un vero gigante che è diventato dimora di tantissimi animali, anche di predatori che nei suoi nodi e anfratti nascondono le prede. Per questo l’opera di conservazione iniziata è utile per mettere in sicurezza la pianta da eventuali cadute di rami, ma anche per mantenerne le funzioni, non ultime quelle di sostenere tutti gli organismi che, nutrendosi di legno morto, partecipano al ciclo del bosco.

Purtroppo la situazione del faggione, riscontrata dagli esperti messi in campo dal Parco Nazionale, è quella di un grave deperimento che ha già portato alla morte di gran parte della chioma. La corteccia è completamente degradata ed è ormai staccata dal tronco mentre le radici sembrano ancora in buono stato.

-parco-faggio-mannolini-garfagnana-toscana-ambienteLa pianta si può considerare alla fine del suo ciclo e quindi è potenzialmente pericolosa per l’alto rischio di rottura dei rami, mentre il fusto è ormai avviato a un lento decadimento. Si è ritenuto, così, di intervenire per garantire la sicurezza e aiutare l’albero a mantenere quel poco di vitalità che ancora possiede.

Le operazioni di potatura sono state compiute senza compromettere in modo sostanziale l’ecosistema, per questo i monconi secchi e le cavità non sono stati eliminati, per garantire il ruolo di vero e proprio serbatoio di diversità che l’albero ha ormai assunto. Per eseguire i tagli il Parco nazionale si è avvalso della collaborazione di un potatore arboricolta esperto, vista la difficoltà e la pericolosità dell’operazione.

“Nel nostro Appennino – spiega Giuseppe Vignali, direttore del Parco Nazionale – purtroppo i vecchi alberi sono pochissimi perché più di un secolo fa la foresta fu completamente tagliata. Per questo è molto importante cercare di conservare più a lungo possibile quelli che ci sono: per il bene della natura e anche per la loro straordinaria bellezza che fa bene alla nostra anima”.

“Il faggio di Mannolini andrà monitorato e sostenuto con degli interventi ad hoc successivi – conclude Vignali – però, viste le condizioni di partenza, non ci si possono aspettare miracoli: l’obiettivo sarà quello di mantenere un minimo di vitalità e di rendere sicura la struttura per i prossimi anni di lento degrado, mantenendo la funzione ecologica dell’albero, unico nel contesto e vero serbatoio di biodiversità”.

Fonte: Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano