I dati frutto di un monitoraggio indipendente realizzato dal sindacato Usb Vigili del Fuoco con Greenpeace: “Questione che non può più essere ignorata”.
Redazione
19 giugno 2025
La presenza di PFAS (composti poli e perfluoroalchilici) è stata accertata nei dispositivi di protezione individuale e nel sangue di Vigili del Fuoco di diversi comandi. Questi nuovi dati sono il frutto di un monitoraggio indipendente realizzato dal sindacato USB Vigili del Fuoco in collaborazione con Greenpeace Italia e sono stati illustrati in conferenza stampa lo scorso 9 giugno alla Camera dei Deputati con la partecipazione della dottoressa Vitalia Murgia di ISDE Medici per l’Ambiente e della professoressa Claudia Marcolungo dell’Università di Padova.
Dallo studio emerge un quadro poco rassicurante sull’esposizione dei Vigili del Fuoco italiani a questi pericolosi inquinanti attraverso le schiume antincendio e l’uso di dispositivi di protezione individuali. I dati relativi a questi ultimi confermano la presenza di un’alta concentrazione di PFAS e di Fluoro Organico, un parametro che stima la presenza di tutti i PFAS (ne esistono oltre 10 mila molecole) non misurabili singolarmente.
Già nel 2023 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), organo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha classificato l’esposizione professionale dei Vigili del Fuoco come cancerogena per gli esseri umani (Gruppo 1). Essi sono doppiamente esposti ai PFAS: non solo come cittadini che possono entrare in contatto con queste sostanze attraverso acqua, aria, alimenti e prodotti di uso quotidiano ma anche a livello professionale, il che li rende doppiamente vulnerabili.
L’indagine ha monitorato anche i livelli di PFAS nel sangue di 16 Vigili del Fuoco provenienti dai comandi di Catania, Padova, Verona, Alessandria, Genova e Pisa. Le analisi sono state eseguite presso l’Ospedale universitario di Aquisgrana (Aachen) in Germania.
Pur non evidenziando valori particolarmente elevati i dati sierologici (analisi sul siero estratto dal sangue) superano la prima soglia di rischio individuata dalla National Academy of Sciences e suggeriscono l’avvio di un biomonitoraggio periodico per il personale.
Oltre al PFOA (noto cancerogeno) e al PFOS (possibile cancerogeno) desta particolare preoccupazione la presenza nel siero di uno specifico composto: l’ADV che, in base a quanto noto, viene prodotto solo nello stabilimento ex Solvay, oggi Syensqo, di Alessandria.
Alla luce di tutto ciò il coordinamento nazionale USB Vigili del Fuoco chiede:
– La mappatura dei siti contaminati da PFAS;
– l’analisi delle sedi di servizio e di tutte le attrezzature per la presenza di questi pericolosi inquinanti;
– la sorveglianza sanitaria degli operatori;
– un piano di transizione PFAS-free nelle divise, nei dispositivi di protezione individuale e nelle schiume antincendio;
– il riconoscimento di categoria esposta e l’inserimento dei Vigili del Fuoco nei parametri INAIL per un effettivo archivio delle malattie professionali.
«I dati che abbiamo raccolto indicano chiaramente che esiste un problema PFAS per il settore dei Vigili del Fuoco, una questione che non può più essere ignorata – sottolinea Giuseppe Ungherese di Greenpeace Italia. – Non è possibile mettere in pericolo la vita di chi già rischia molto per tutelare la collettività. Chiediamo che il governo intervenga mettendo in sicurezza il corpo italiano dei Vigili del Fuoco nonché vietando l’uso e la produzione di PFAS su tutto il territorio nazionale».
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