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Vita delle farfalle, in Sicilia i ricercatori fiorentini ne svelano i segreti

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La biodiversità e la storia evolutiva delle specie siciliane, separate dal continente da un breve tratto di mare, sono geneticamente assai diverse dalle popolazioni della penisola.

 

FIRENZE – Capire quali sono le forze e i meccanismi che generano la diversità genetica delle farfalle delle isole del Mediterraneo e, soprattutto, come si genera, si mantiene e si perde la biodiversità. A questo scopo un team internazionale coordinato da Leonardo Dapporto, ricercatore del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze, ha studiato migliaia di sequenze di DNA mitocondriale di 84 delle 90 specie di farfalle documentate in Sicilia. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Animal Ecology.

“Nonostante le farfalle abbiano grandi capacità di volo e siano considerate tra i migliori migratori insieme agli uccelli – racconta Dapporto – in Sicilia, la più grande e la meno isolata delle isole del Mediterraneo, distante appena 3 chilometri dalla Calabria, quasi la metà delle popolazioni ha un’impronta genetica molto diversa dalle specie presenti sulla penisola e molte delle linee genetiche analizzate sono endemiche dell’isola. La prima causa di questo fenomeno è il forte vento tangenziale al braccio di mare, poi entrano in gioco le caratteristiche delle singole specie, come le dimensioni alari correlate alla capacità di volo”.

Confrontando le linee genetiche siciliane con quelle dell’intera regione paleartica i ricercatori hanno anche osservato che molte delle popolazioni siciliane non derivano direttamente dalle farfalle presenti in Calabria ma sono parenti più prossime di quelle che adesso si trovano in luoghi molto lontani.

Secondo i ricercatori, molte popolazioni di farfalle che popolano attualmente l’Italia hanno nel tempo sostituito quelle ancestrali che vivevano in tempi lontani nel nostro Paese e in altre aree del paleartico. “Una volta arrivate allo stretto però non sono riuscite a invadere la Sicilia – conclude il ricercatore – dove si sono salvate le popolazioni originarie, che differenziandosi ulteriormente hanno sviluppato la diversità delle specie presenti ora sull’isola”.

A firmare lo studio – oltre ai ricercatori Unifi – sono i colleghi del Centro di Ricerca Foreste e Legno, del Centre for Biodiversity and Environment Research – University College London, dell’Università di Torino, del Polskiej Akademii Nauk di Varsavia, dell’Università di Oulu in Finlandia e dell’Institut de Biologia Evolutiva di Barcellona.

Fonte: Università di Firenze

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