Al centro del suo pensiero ecologico dell’esistenza la profonda consapevolezza che la felicità di ciascuno di noi dipende da quella dei nostri simili.
di Marcello Bartoli
16 maggio 2025
La notizia della scomparsa di José Alberto Mujica Cordano, meglio conosciuto come Pepe Mujica, è arrivata come un pugno allo stomaco. Per anni mi sono abbeverato alla sua saggezza. I suoi occhi da padre buono erano rassicuranti e familiari, in grado di non farti mai perdere la speranza in un mondo che avrebbe potuto cambiare in meglio se solo ciascuno di noi lo avesse voluto veramente. Le sue parole non erano mai vuote, semmai ricche di attenta riflessione filosofica sul significato profondo della nostra esistenza rapportata al tempo che scorre inesorabile.
Pepe non perdeva mai occasione per redarguire chi lo intervistava sui pericoli incombenti che possono sopraffare l’uomo “moderno”: “Val la pena dannarsi per accumulare beni materiali e ricchezze terrene a discapito della vita vissuta, degli affetti, dell’amicizia e dell’amore? Cosa si cela dietro ai valori che alimentano il nostro ego, che ci fanno entrare in competizione con i nostri simili con troppa facilità e ci fanno smarrire i beni più preziosi, quelli immateriali?”
La sua riflessione sulla decrescita economica, che riteneva necessaria, non mancava di considerare come folle la corsa che ci spinge a credere di essere pressoché immortali, di poterci salvare dal trapasso qualora dovessimo riuscire a pagarci un biglietto grazie alle ricchezze accumulate. Ascoltare Pepe ti riportava immediatamente alla dimensione autentica della vita che dovremmo vivere, fatta di solidarietà, sostegno reciproco, con l’obiettivo di evolvere come esseri umani, anche e soprattutto da un punto di vista spirituale.
Non è forse attraverso le relazioni con gli altri che abbiamo l’opportunità di diventare migliori? Lo sapeva bene Pepe il cui pensiero ha sfidato il tempo per diventare immortale. Un guerriero come lui non temeva la censura della maggioranza o l’accanimento politico ma piuttosto l’omologazione, l’incapacità di essere e comportarsi da individui unici, la manipolazione mediatica e la globalizzazione selvaggia: “Nella vita è più importante il tempo che possiamo dedicare a ciò che ci piace, ai nostri affetti e alla nostra libertà. E non quello in cui siamo costretti a guadagnare sempre di più per consumare sempre di più. Non faccio nessuna apologia della povertà, ma soltanto della sobrietà”.
Da Pepe ho imparato che la mia felicità non può non dipendere anche da quella degli altri. A cosa può servirmi il vuoto esibire senza l’amicizia e l’amore? La sua visione ecologica della vita era, in definitiva, colma del pensare in senso collettivo (noi) e non in senso egoico (io).
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