Oltre 1000 pagine per dire in sostanza che si può continuare a cacciare così, anzi bisognerebbe cacciare di più. Nessuna tutela in più per le specie in difficoltà.
di Guido Scoccianti, delegato regionale WWF per la Toscana
4 giugno 2025
Ieri pomeriggio in Consiglio Regionale si è svolta la consultazione degli stakeholder (portatori di interessi collettivi) da parte della 2° e della 4° Commissione consiliare sulla proposta di delibera concernente il nuovo Piano Faunistico Venatorio Regionale che dovrebbe andare a sostituire l’attuale, scaduto da 10 anni.
In tutto questo tempo speravamo che la Regione avrebbe elaborato qualcosa di significativo e innovativo, alla luce anche della sempre più stringente necessità di contrastare la crisi globale della biodiversità e in linea con le Direttive europee, con la Strategia Europea per la Biodiversità al 2030 e con la Nature Restoration Law.
Nel contesto di una situazione ambientale sempre più critica, nell’era di stravolgenti cambiamenti climatici con conseguenti impatti inevitabili su flora e fauna, che si accompagnano a un progressivo e inesorabile aumento complessivo degli impatti delle attività umane sugli ecosistemi, speravamo che un nuovo PFVR avrebbe segnato una svolta nella gestione e conservazione della fauna selvatica sul territorio regionale.
Invece quello che troviamo nel Piano proposto sostanzialmente è:
– per quanto riguarda la destinazione differenziata del territorio, una semplice fotografia dell’esistente, con una superfice protetta che non aumenta di un metro quadro;
– un tentativo concomitante di aumentare, piuttosto che di contenere, un’attività venatoria di cui la Regione tende a nascondere gli impatti e anzi a magnificare fantomatici effetti positivi.
– l’assenza di qualsiasi proposta per aumentare il livello di tutela delle specie in difficoltà.
Oltre 1000 pagine di provvedimento e di allegati sostanzialmente per dire che tutto va bene così, che si può continuare a cacciare così, anzi, che bisognerebbe cacciare di più dato che, si afferma, la caccia farebbe bene alla fauna selvatica come nel caso degli appostamenti fissi di caccia, dipinti paradossalmente come “oasi di biodiversità” invece che per quello che sono, cioè trappole terribili e mortali per la biodiversità.
Anche laddove gli Uffici regionali non possono non ammettere che la caccia costituisce una criticità (vedasi per esempio la valutazione di incidenza relativa a siti come il Padule di Fucecchio, il Lago e Padule di Massaciuccoli, gli Stagni della Piana Fiorentina) nulla alla fine si prevede su questo aspetto né si propone alcuna azione di mitigazione.
Allo stesso modo, e incredibilmente, niente di concreto e di nuovo si propone per limitare l’impatto della caccia sulle tante specie in difficoltà (basti citare, quale esempio, Combattente, Moriglione, Pavoncella, Moretta, Tortora selvatica, Allodola; ma la lista sarebbe lunga…).
Anche per quanto riguarda il controllo delle popolazioni di ungulati nessuna novità. L’unica modalità proposta è quella del fucile nonostante che sia ormai evidente la non efficacia (e la pericolosità) del sistema in atto, che andrebbe modificato con la promozione di altre azioni, come le catture e l’utilizzo sperimentale di pratiche anticoncezionali, oltre ovviamente alla prevenzione.
Insomma, un nuovo Piano faunistico-Venatorio Regionale che tutto è fuor che nuovo, che presenta una valutazione di incidenza inadeguata e tesa a ignorare i reali impatti della caccia, che riporta pareri tecnici datati, come quello dell’ISPRA (l’Istituto tecnico scientifico statale deputato alla valutazione dei Piani faunistici), fornito nell’ormai lontano 2021; un provvedimento che è assolutamente non in linea con le norme europee, che ci dovrebbero imporre una vera e urgente tutela della fauna selvatica. Un Piano tutto da riscrivere.
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