Giardini planetari - di Dario Boldrini

La didattica dell’orto-giardino

Dario con i bambini

Oggi offrire ai più piccoli l’esperienza immersiva in un giardino rigoglioso o un orto non è solo un optional ma un compito educativo urgente.

 

di Dario Boldrini

La mia generazione e quella dei miei genitori ha osservato il distacco dalle pratiche agricole manuali come l’opportunità di istruirsi, lavorare senza troppa fatica fisica alla ricerca di uno status di benessere soprattutto economico. Soltanto negli ultimi anni, con la trasformazione del tessuto sociale e le urgenze sia ambientali che di impoverimento di valori etici e morali, stiamo assistendo a un crescente livello di consapevolezza rispetto all’uso delle energie, alla salvaguardia dell’ambiente e al ruolo delle piante nella nostra vita.

Da alcuni anni mi occupo di creare laboratori e attività pratiche per bambini al fine di prendere contatto con la terra, i semi, le piante non solo dal punto di vista didattico ma soprattutto emotivo, empatico, curioso. E’ sempre più diffusa, sia nei protocolli scolastici istituzionali sia nelle attività extra scolastiche, la pratica degli orti didattici, laboratori ambientali ecc… per ogni età ed esigenza. L’offerta è sempre più diversificata e perfettamente costruita per le esigenze delle famiglie con materiali eco sostenibili, semi certificati, grembiulini e guantini tirati a lucido e con stampe multicolor. Nello specifico, però, si registrano soltanto esperienze ricreative che si alternano ad attività programmate, un po’ come fossero non solo meno importanti per la formazione del bambino ma anche di svago per stare all’aria aperta.

IMG-20190612-WA0000In verità un orto o un giardino sono una miniera educativa e formativa che permette ai bambini di collaborare, impegnarsi fisicamente, costruire, perseverare, stupirsi, scoprire, osservare e lasciarsi trascinare dalla magia delle piante che rinascono, crescono, si arrampicano, si trasformano. In una società sempre più urbanizzata , anche mentalmente, offrire ai più piccoli l’esperienza immersiva in un giardino rigoglioso o un orto non è solo un optional, ma un compito educativo urgente.

Imparare i nomi delle piante del proprio territorio e il perché della loro presenza, sentirsi capaci di moltiplicare arbusti e alberi da talee o semi, scoprire insetti e animaletti che aiutano nel lavoro dell’orto, riconoscere le differenze fra il mais e il granoturco, fra il corbezzolo e l’azzeruolo, il rastrello e il sarchiello. In realtà sono molto spesso gli stessi educatori o professori che conducono lezioni di orto didattica con uno spirito tradizionalista e passivo in cui il seme di fagiolo viene fatto mettere in un barattolo di vetro con del cotone oppure in un vaso di plastica con del terriccio.

Nessun bambino è più curioso di sperimentare semine in terra vera, così diversa, lavorata, ricca di odori e microrganismi e nessun bambino osserva le foglie, i frutti, gli attrezzi del mestiere. Perché è scontato che qualcuno produca ortaggi o frutta per noi e per loro, come che siano buoni e sani se hanno il certificato, la confezione e il marchio di garanzia.
Ma credete davvero che possiamo ancora educarli al cibo vegetale sugli scaffali del supermercato? A seminare un seme uguale per tutti nel batuffolo di cotone o nella manciata di torba? Nel meraviglioso laboratorio di intelligenza che invece costituisce un orto naturale, un bosco o un campo di fiori, abbiamo a disposizione tutto ciò che occorre ad avvicinarli con curiosità e rispetto alla Natura ed educarli alla conoscenza attraverso l’esperienza diretta. E’ dal letame che nascono i fiori, non dal terriccio universale in sacchi di plastica. E’ da una lenticchia o da una ghianda che nasce una pianta o un albero e possiamo raccogliere tutto questo intorno a noi da aziende agricole o boschi che ne hanno in abbondanza.

Non possiamo più permetterci di allontanare i bambini dalla natura pensando che una app sul cellulare sia lo strumento che insegnerà loro il nome della pianta, che avranno tutto ciò di cui hanno bisogno senza doversi cimentare nella pratica dell’orto, che per la cura e manutenzione dei giardini ci sono soltanto i giardinieri.
Se ogni giardino, pubblico o privato che sia, proviamo a guardarlo come una piccola parte di un grande giardino planetario allora anche tagliare un ramo, mettere a dimora una pianta, seminare, diventano azioni di straordinaria importanza nel miglioramento dell’ambiente che ci ospita e nella qualità della nostra vita.

In un giardino un bambino osserva e tocca materiali occasionali (sassi, cortecce, erba, terra, semi), gioca con un aspetto fortemente sensoriale (odori, percezioni), prende possesso e misura dello spazio aperto intorno a sé e in relazione agli altri, si misura con i rischi e i pericoli, si relaziona con un ambiente dinamico in continua trasformazione e pur distensivo, salubre, armonioso. Così lo sguardo si allarga all’infinito oltre i rami degli alberi verso il cielo e all’infinitesimo verso le ali di una farfalla, un petalo di una cicoria o i movimenti di una formica.

Per questo non serve fare grandi progetti didattici, non abbiamo bisogno neppure di creare dei “percorsi didattici” in giardino o nell’orto perché sono gli stessi luoghi che continuamente mandano messaggi impliciti e apprendimenti. Se solo riuscissimo a considerare l’orto e il giardino come habitat privilegiato del gioco libero e salubre invece di un “corredo” strutturale di un edificio scolastico. E se la burocrazia, l’istituzione, le infrastrutture o chissà cosa ci impediscono di agire, proviamo almeno a non sopprimere la voglia e la capacità dei bambini di giocare con la natura, il loro impulso vitale a correre scalzi sul prato, cogliere fiori, scavare buche, gettare semi in ogni direzione e gioire. Gli orti e i giardini sono pieni di segreti e i bambini lo sanno, sta a noi accompagnarli e, chissà, forse anche ritrovare quella purezza, quello stato di armonica gioia nel contatto con la natura che ci chiama.

 

Dario Boldrini è nato e vive a Montespertoli (Fi). Dopo 12 anni di lavoro in uno studio di Architettura del Paesaggio di Firenze (ha progettato alcuni dei primi orti urbani) ha scelto di vivere nel podere di famiglia San Ripoli dove ha fondato l’associazione Seminaria. Un progetto che spazia dalla creazione di orti e giardini ai laboratori di orticoltura per bambini e adulti, dalle spirali di erbe aromatiche ai seminari di orti creativi.
Appassionato divulgatore, ha realizzato centinaia di servizi per il programma GEO di RAI 3 in giro per l’Italia. Il suo progetto della Terza Piazza a Firenze (Coop di piazza Leopodo) è diventato un modello di aggregazione sociale.
“Giardiniere planetario” è una qualifica ereditata da Gilles Clèment, agronomo e paesaggista francese.
www.darioboldrini.net