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Risorse idriche scarse, Ateneo di Firenze al lavoro in Val d’Orcia

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Grazie al programma PRIMA un finanziamento di oltre un milione di euro per studiare l’impiego delle risorse idriche non convenzionali.

 

Redazione
26 dicembre 2022

FIRENZE – Secondo il primo rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), entro il 2050 oltre due terzi della popolazione mondiale (circa cinque miliardi di persone) si troveranno a dover fronteggiare almeno un mese di carenza d’acqua. Alla scarsità dell’elemento si accompagneranno fenomeni sempre più frequenti di siccità, inondazioni estreme, precipitazioni irregolari e fusione accelerata dei ghiacciai, con effetti a cascata sulle economie, sugli ecosistemi e su tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana.

La riduzione delle riserve d’acqua sta emergendo, dunque, come la prossima questione ambientale con i cambiamenti climatici e l’inquinamento che stanno mettendo sotto pressione le risorse idriche globali. In questo contesto, anche la ricerca sul territorio è fondamentale per affrontare le sfide legate alla gestione sostenibile della risorsa idrica in ambito agricolo e per usi multipli.

L’Ateneo di Firenze è impegnato nel programma PRIMA (Partnership for Research and Innovation in the Mediterranean Area) e ha ricevuto un finanziamento di oltre un milione di euro per studiare strategie per l’uso di acque non convenzionali, la raccolta di deflusso superficiale e acqua piovana, la desalinizzazione, l’impiego di acque reflue depurate e la ricarica della falda in condizioni controllate.

Il progetto riunisce più istituzioni accademiche dell’area mediterranea con l’obiettivo di promuovere una governance innovativa e resiliente della risorsa idrica. Le attività scientifiche riguarderanno la modellizzazione idrologica di aree critiche nel bacino del Mediterraneo e la simulazione dell’uso di tecnologie per la gestione delle acque non convenzionali. Il Living Lab Italiano è situato in Val d’Orcia, una zona di produzione di eccellenza che negli ultimi anni è stata investita da diversi eventi siccitosi legati al cambiamento climatico.

“I piccoli invasi collinari, opere di water harvesting fondamentali per l’irrigazione delle coltivazioni in situazioni di emergenza, hanno rappresentato per molto tempo una risorsa per la Val d’Orcia – spiega Elena Bresci, coordinatrice del progetto – tuttavia sono necessarie strategie basate su ricerca scientifica e innovazione per migliorarne la gestione, adattandola ai nuovi scenari e ai cambiamenti climatici in atto”.

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