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Bioraffineria Eni Livorno, Legambiente chiede modifiche al progetto: “Troppe cose non tornano”

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Tra le sei osservazioni inviate al ministero l’aumento della produzione di rifiuti, le emissioni di CO2 e le mancate bonifiche delle aree Sin e Sir.

 

9 maggio 2023

LIVORNO Troppi aspetti non tornano nel progetto Eni per una bioraffineria a Livorno. Il piano prevede la costruzione di una linea per la produzione di biocarburanti idrogenati ottenuti da scarti alimentari, il cosiddetto biofuel o “petrolio verde”. Il circolo Legambiente Livorno, insieme ai vertici regionali e nazionali dell’associazione ambientalista, ha inviato al ministero dell’Ambiente sei osservazioni in merito al progetto – per il quale è in corso la Valutazione d’impatto ambientale (Via) di competenza statale – che prevede a regime la produzione di 500.000 tonnellate annue di biofuel. Nella seguente nota l’associazione spiega i motivi che la spingono a chiedere la revisione del progetto. 

Legambiente apprezza lo sforzo di indirizzare su binari meno insostenibili l’attività di Eni (le cui attività nel mondo oggi comportano più emissioni di gas serra di quelle dell’Italia intera: 456 vs 418 mln ton CO2eq), ma il progetto presentato dalla multinazionale a controllo statale prende molto e offre poco al territorio locale, a partire dalle questioni occupazionali: a fronte di un investimento di 420 milioni di euro infatti, prevede 500 posti di lavoro in più nella fase di cantiere, ma non ne specifica per quella d’esercizio, prospettando un saldo occupazionale zero.

Non va molto meglio per la sostenibilità ambientale. Guardando alle emissioni, peggiorano seppur di poco per gli inquinanti CO e NH3 (+6%) e migliorano, altrettanto di poco, per SO2 (-12%), NOx e H2S (-5%) e polveri (-6,5%). Nessun progresso sul fronte delle maleodoranze o della CO2 provenienti dalla raffineria. Eni non specifica neanche di quanto si attende calino le emissioni di CO2 legate all’impiego dei suoi biocarburanti rispetto ai corrispettivi fossili, affermando solo che saranno “significativamente inferiori”; una lacuna che apre sospetti sulla reale capacità di garantire la tracciabilità delle cariche biogeniche in ingresso.

Dal punto di vista climatico, ad esempio, è insostenibile la soluzione prospettata da Eni per ricavare l’idrogeno necessario alla bioraffineria, ovvero a partire da steam reforming di metano fossile: si investa piuttosto sull’idrogeno verde da fonti rinnovabili.

Altra questione cruciale: da dove arriveranno le cariche biogeniche necessarie ad alimentare la bioraffineria? In Italia si raccolgono circa 80mila t/a di oli alimentari esausti, dunque la maggior parte dei materiali da lavorare verranno importati. Legambiente chiede che si tratti di cariche biogeniche realmente “avanzate”, (ovvero non solo derivate da colture non alimentari, ma da considerarsi come residui e rifiuti), con filiera tracciata e certificata in modo stringente.

Anche guardando ai rifiuti c’è molto da migliorare. È inaccettabile che a fronte di un investimento da quasi mezzo miliardo di euro la produzione di rifiuti aumenti di 12 volte, da 6.500 a 81.100 t/a. Che tipo di rifiuti saranno? Dove e come verranno gestiti?

Infine la raffineria sorge in un’area “a rischio di incidente rilevante”, mentre su Livorno e Collesalvetti ricadono ben due siti d’interesse per le bonifiche: il Sir e il Sin, rispettivamente di competenza regionale e statale, con quest’ultimo ricadente per il 95% in area Eni. Perimetrato vent’anni fa, il Sin vede le bonifiche ancora ferme allo 0% sia per i terreni sia per la falda. Legambiente chiede dunque che Eni si impegni – all’interno di un cronoprogramma da definirsi in collaborazione coi Comuni, Regione e Ministero – a bonificare l’area Sin e a contribuire alla bonifica dell’area Sir.

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