Ecosistema

Legambiente Carrara: ecco il Far West delle cave fuorilegge

Far West cave fuorilegge

Montagne sbriciolate per ottenere un magro quantitativo di blocchi di marmo, troppi detriti e smaltimento abusivo delle terre.  E la situazione negli anni non è affatto migliorata, anzi.

Pubblichiamo con piacere questo interessante e ben documentato report del circolo Legambiente di Carrara su problemi e abusi nel settore dell’escavazione del marmo. Per motivi tecnici non ci è stato possibile inserire le tabelle. Ce ne scusiamo.
La Redazione

CARRARA – I primi dati: un Far West accertato e accettato 
Dopo decenni di Far West incontrollato, nel 2005 iniziarono a Carrara, alla pesa comunale, le registrazioni dei quantitativi di marmo portati a valle da ciascuna cava, distinti in blocchi, scaglie bianche, scaglie scure, scogliere, terre. Suscitò scalpore l’intensa distruzione delle nostre montagne, sbriciolate per ottenere un magro quantitativo di blocchi: sorse il sospetto che la produzione principale delle cave fosse quella del carbonato anziché quella dei blocchi (Ecco i primi dati (2005) sulle cave fuorilegge: 17% blocchi, 83% detriti, 3/1/2007).

Allo scopo di smorzare le polemiche, il Comune istituì una commissione tecnica, allargata alle associazioni ambientaliste e imprenditoriali, che fece numerosi sopralluoghi alle cave. Nonostante le promesse formali, a Legambiente fu negata la consegna dei dati dei quantitativi estratti da ciascuna cava accompagnati dal nome delle cave (contrassegnate invece da numeri di fantasia).

Nel 2007 la Regione Toscana, per valorizzare al massimo i materiali ornamentali e limitare le modalità di escavazione distruttiva, emanò il Piano delle attività estrattive (PRAER) che, al punto 2.1 della parte II, prescriveva ai Comuni di introdurre nella propria pianificazione una resa in blocchi non inferiore al 25% del totale dei materiali estratti. Per assicurarne il rispetto, prevedeva verifiche annuali.
Tale requisito, pur restando un obbligo, non è stato introdotto nel regolamento degli agri marmiferi di Carrara. Neppure la proposta di regolamento della scorsa giunta lo prevede.

Nel corso degli anni, innumerevoli volte abbiamo sollevato la questione dell’eccessiva produzione di detriti e dello smaltimento abusivo al monte delle terre di cava. Immancabilmente, abbiamo ricevuto dall’amministrazione risposte apertamente tolleranti degli abusi delle cave (si veda, ad esempio: Smaltimento abusivo delle terre di cava: servono fatti, non proclami! 8/11/2010).

Nel 2016 la Commissione comunale Marmo si impegnò addirittura per 5 mesi nella discussione, cava per cava, delle numerose violazioni emerse dall’esame dei quantitativi annui dei materiali passati dalla pesa comunale. Il Comune si limitò a chiederne ragione alle singole cave e a prendere atto delle loro giustificazioni. Giunse alla conclusione accomodante che i dati di provenienza delle cave non erano attendibili poiché i camionisti dichiaravano alla pesa provenienze non veritiere. Benevolmente, da vera “repubblica delle banane”, non contestò il falso ai trasportatori, né verificò le loro dichiarazioni.

La situazione oggi: ancora Far West, ma con lo sceriffo complice
Per verificare la situazione attuale abbiamo esaminato l’intera serie storica dei dati disponibili (12 anni: 2005-2016).
Già a una prima e immediata valutazione salta agli occhi che le scaglie (bianche + scure) hanno subìto variazioni minime: erano il 67,7% del materiale portato a valle nel 2005, sono il 68,8% nell’intero periodo 2005-2016 e sono il 68,7% nel 2016.
La resa in blocchi mostra invece un sensibile miglioramento: dal 17,1% del 2005 al 27,2% del 2016 (passando per il 22,1 dell’intero periodo). Sembra che, finalmente, le cave carraresi abbiano raggiunto la soglia minima del 25% in blocchi richiesta dal PRAER.

Purtroppo, dobbiamo spegnere gli entusiasmi. Il miglioramento è solo apparente e, di fatto, nasconde un peggioramento sostanziale: la crescita del 10,1% dei blocchi (dal 17,1% del 2005 al 27,2% del 2016) è, infatti, in buona parte attribuibile alla riduzione (del 10,4%) delle terre portate a valle (dal 13,5% del 2005 al 3,1% del 2016). In poche parole, l’apparente miglioramento dei blocchi è frutto di un reato che, grazie alla tolleranza garantita dal Comune, è divenuto ormai dilagante: l’abbandono delle terre al monte. In effetti, dal 2005 al 2016 il quantitativo annuo di terre abbandonate al monte è cresciuto fino a raggiungere quasi 600.000 tonnellate.

Nota: la stima annua delle terre abbandonate al monte è stata ricavata partendo da due assunti: 1) che nel corso degli anni le terre prodotte siano state proporzionali ai blocchi estratti; 2) che tutte le terre prodotte nel 2005 siano state portate a valle. In base ai quantitativi di blocchi prodotti ogni anno, diviene facile stimare i quantitativi annui di terre “attesi” e, sottraendo da essi le terre portate a valle, ricavare i quantitativi di terre “abbandonate” al monte che, nell’intero periodo considerato, raggiungono 4.641.055 ton. La stima è verosimilmente sottostimata perchè si basa sull’ipotesi che nel 2005 tutte le terre prodotte siano state portate a valle; se, ad esempio, nel 2005 fossero state abbandonate 200.000 t di terre, negli anni successivi aumenterebbero sia le terre attese sia quelle abbandonate, portando queste ultime a oltre 7 milioni di tonnellate.

Il confronto tra l’intero periodo 2005-2016 e il 2016 mostra che è sensibilmente aumentato il numero di cave “miracolose”, che portano a valle solo blocchi, senza produrre nemmeno un grammo di detriti. Questo incremento (da 5 cave su 100 nel 2005-2016 a 17 cave su 76 nel 2016) è il risultato della crescente arroganza dei titolari di cava che, rassicurati dalle mancate sanzioni, abbandonano sfacciatamente i detriti al monte.
Pertanto chi sostiene che nelle cave regna il Far West, ha torto: nel Far West c’era uno sceriffo che si opponeva alle malefatte dei banditi; alle cave, invece, il Comune le copre, rendendosi complice.

Indicazioni per i controlli
È di pochi giorni fa la notizia che i funzionari degli Uffici Ambiente e Marmo hanno iniziato controlli sistematici alle cave e intimato la rimozione di 200.000 t di terre, pena sanzioni e misure amministrative. Se questa azione avrà un seguito, potremo finalmente dire che l’epoca del Far West è finita e che sta iniziando quella della legalità.

Sappiamo che spesso non è semplice accertare la provenienza degli enormi accumuli di terre al monte, magari conferiti da più cave, in misura diversa. Per questo, suggeriamo di unire ai sopralluoghi anche procedure di accertamento amministrative. Ad esempio, la stima dei quantitativi di terre abbandonate negli anni passati da ciascuna cava consente di individuare le cave responsabili alle quali imporre la rimozione del quantitativo di terre pari a quello stimato.

Inoltre, allorché si procede alla redazione dei piani attuativi di bacino estrattivo, le molte cave fuorilegge per eccessiva produzione di detriti, autentiche “fabbriche di scaglie”, dovrebbero essere escluse dalle aree estrattive, così da riportare l’escavazione al rispetto delle sue finalità: massima valorizzazione dei materiali ornamentali, e minima produzione di detriti.

Purtroppo, i dati fornitici dal Comune sono anonimi. Non siamo dunque in grado di indicare il nome delle cave fuorilegge che sono emerse dalla nostra elaborazione dei dati; non siamo in grado di verificare se l’eccessiva quantità di detriti prodotta da alcune cave è dovuta alle modalità di escavazione o all’elevata fratturazione del loro giacimento marmifero. Non siamo dunque in grado di sviluppare contributi motivati e documentati anche alla pianificazione in atto, come la VAS dei piani attuativi di bacino estrattivo.

La scelta, da parte dei passati “sceriffi”, di fornirci soltanto dati anonimi danneggia l’intera comunità di Carrara. È una decisione palesemente pretestuosa, visto che i quantitativi estratti da ciascuna cava (peraltro, teoricamente rispondenti a quelli autorizzati nei piani di coltivazione, che sono pubblici) non sono dati sensibili personali soggetti a tutela della privacy, né sono assoggettabili a “segreto industriale”, né rientrano tra quelli la cui pubblicazione “minaccia la sicurezza dello Stato”.

In accordo con la normativa europea, siamo convinti che la trasparenza favorisca la partecipazione dei cittadini e contribuisca al miglioramento dell’azione della pubblica amministrazione. Ci auguriamo, dunque, che l’amministrazione comunale voglia inaugurare la stagione della trasparenza, non solo consegnandoci i dati sui quantitativi estratti, corredati anche dal nome di ciascuna cava, ma anche predisponendo la pubblicazione annuale di tali dati sul sito del Comune.
Legambiente Carrara