Ecosistema

Costa Concordia: così rinascono i fondali del Giglio dieci anni dopo

Costa-concordia-Giglio_Toscana-ambiente
Foto Regione Toscana

Si sta lavorando al reimpianto della barriera corallina e della Posidonia oceanica, che sono la maggiore fonte di biodiversità del Mediterraneo.

 

di Iacopo Ricci

ISOLA DEL GIGLIO (Gr) – Sono passati 10 anni da quel terribile 13 gennaio 2012, quando la nave da crociera Costa Concordia si schiantò contro gli scogli dell’Isola del Giglio. L’impatto provocò uno squarcio di 70 metri nello scafo che causò il parziale affondamento della nave e la morte di 32 persone.

Una tragedia che ha avuto effetti devastanti anche per l’ecosistema di quel tratto di mare tra i più belli della Toscana. La gravità del problema è stata subito evidente, tant’è che il monitoraggio ambientale è iniziato immediatamente dopo il naufragio e prosegue ancora oggi, a distanza di dieci anni. Secondo gli accordi tra le parti tutte le spese sono a carico di Costa Crociere mentre le modalità di intervento sono stabilite da un protocollo tra Regione Toscana, Arpat e Ispra.

Coralligeno (foto Arpat)
Coralligeno (foto Arpat)

La priorità è stata il ripristino ambientale dei fondali danneggiati dal naufragio. Una volta conclusa la rimozione dei residui del cantiere per il rigalleggiamento del relitto (fase WP9) nel 2019 ha avuto inizio l’ultima fase (WP10): il recupero dell’ecosistema marino compromesso dall’impatto. Un lavoro delicato e difficile che consiste principalmente nel reimpiantare le praterie di Posidonia oceanica e il coralligeno (le scogliere coralline del Mediterraneo), che insieme rappresentano la maggiore fonte di biodiversità dei nostri mari.

Il reimpianto è affidato al Centro Interuniversitario di Biologia Marina (CIBM) incaricato da Costa Crociere, mentre alle istituzioni scientifiche pubbliche (Arpat e Ispra) spetta il controllo e del monitoraggio ambientale. Squadre di operatori scientifici subacquei di Arpat e Ispra si immergono periodicamente per valutare come procede il ripopolamento dei fondali. Controllano se le talee di Posidonia oceanica hanno attecchito bene e se le piante si sviluppano in modo regolare. Stessa procedura per il reimpianto del coralligeno.

Per valutare l’efficacia dei trapianti i biologi marini utilizzano anche dei siti di controllo vicini al luogo dell’impatto ma non danneggiati. Uno di questi è Punta Lazzaretto, dove il coralligeno è particolarmente rigoglioso e molto simile a quello originario di Punta Gabbianara che ha subito il maggior danno poiché direttamente interessato dall’impatto fisico con la Costa Concordia.
L’efficacia degli interventi di reimpianto verrà poi valutata insieme al personale CIBM attraverso misure sul campo e incontri tecnici allo scopo di affinare procedure e metodologie.

Le attività di monitoraggio e controllo di Arpat e Ispra andranno avanti fino al 2024 e comunque fino alla conclusione della fase WP10, che potrà ritenersi conclusa solo quando l’Osservatorio di monitoraggio Concordia avrà dato parere positivo. A quel punto l’uomo avrà terminato il suo compito e l’equilibrio di questi magnifici fondali tornerà a essere affidato a Madre Natura.
I risultati delle attività di ripristino ambientale saranno presentati il 13 gennaio all’isola del Giglio in occasione della commemorazione del decennale dell’evento.

Foto Regione Toscana
Foto Regione Toscana

 

Tags