Rinnovabili

Incentivi alle comunità energetiche: non è tutto oro quello che luccica

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Il meccanismo messo a punto dal Governo non è economicamente vantaggioso per i cittadini. Il vero business sarà per le aziende che creano grandi impianti.

 

di Maurizio Lunghi – Presidente del Comitato Pro CER di Bagno A Ripoli
7 marzo 2023

BAGNO A RIPOLI (Fi) – La Direttiva Europea 2001/2018 per la promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili, detta RED II, introduce tra l’altro anche il concetto di ‘autoconsumo diffuso’ che è alla base delle Comunità energetiche rinnovabili (CER).
Il concetto di autoconsumo diretto o autoconsumo è noto e chiaro a tutti, consistendo nella situazione in cui un utente si crea un impianto sul proprio tetto e ne utilizza direttamente l’energia prodotta senza passare dalla rete pubblica, eventualmente con uso di batterie locali. L’energia prodotta che non viene usata o stoccata viene rilasciata in rete, di solito con un contratto di ritiro dedicato pagato dal GSE (Gestore Servizi Elettrici). Questa pratica esiste da tempo e produce grandi benefici ecologici ed economici per gli utenti.

Per autoconsumo diffuso invece si intende una situazione i cui più utenti vicini tra loro si mettono insieme in comunità di autoconsumo senza scopo di lucro per produrre insieme, scambiare, stoccare e finanche vendere energia elettrica, prodotta sempre da fonti rinnovabili: si ritiene che si possa parlare di autoconsumo diffuso solo quando la totalità della produzione della comunità rimane completamente nella disponibilità dei suoi membri.

Cosa dice la normativa europea

La direttiva europea prevede due configurazioni di comunità di utenti, i Gruppi di Autoconsumo Collettivo (GAC), tipicamente un condominio che decide di creare un impianto condominiale e le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), reti di consumatori e produttori a cui tutti possono partecipare: privati e amministrazioni pubbliche, aziende e associazioni del terzo settore, diocesi, che vogliono produrre e scambiare energia elettrica in una zona di territorio limitato e ben circoscritto.

L’Unione Europea ha capito che poche grandi centrali che devono percorrere lunghe autostrade per portare energia ai clienti finali non sono ecologiche, disperdono energia e creano inquinamento lungo il tragitto; molto meglio un sistema diffuso di creazione e utilizzo dell’energia che non deve viaggiare, ‘energia a km zero’ per usare un termine molto diffuso.
Con questa direttiva quindi i singoli cittadini diventano potenzialmente attori del proprio futuro nel settore ormai strategico della produzione e gestione dell’energia elettrica: un cambiamento epocale.

La normativa italiana

L’Italia recepisce la direttiva con i decreti legislativi 199/2021 e 210/2021 chiarendo quali configurazioni sono possibili, chi può partecipare, l’ambito territoriale applicabile cioè la cabina primaria, la grandezza massima degli impianti e stabilisce quali regimi di sostegno implementare, delegando agli organi competenti la stesura dei requisiti tecnici.

Relativamente ai regimi di sostegno previsti l’art. 8 comma c stabilisce un incentivo per la sola quota di ‘energia condivisa’, cioè prodotta e consumata all’interno della stessa configurazione nell’arco orario: tale tariffa sarà definita in un successivo decreto del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE). L’art. 32 invece, al comma 3 lettera c, richiede ad ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) di definire le modalità con le quali i clienti domestici possono richiedere alle rispettive società di vendita lo scorporo in bolletta della quota di energia condivisa.

GSE (Gestore Servizi Elettrici) produce prontamente le ‘Regole tecniche per accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione energia elettrica condivisa’ dove, oltre alle caratteristiche tecniche dei sistemi ammissibili, definisce che le configurazioni di autoconsumo si possono realizzare con un ‘modello regolatorio virtuale’, cioè le comunità sono strutture virtuali sulla rete pubblica italiana, non si devono cambiare i contatori né altro, GSE prende i codici POD dei partecipanti alla comunità e li considera una struttura di fatto.

Tutto questo facilita molto la nascita delle comunità di autoconsumo perché non richiede nuovi allacci o collegamenti specifici, però nella stessa normativa GSE stabilisce anche che i consumatori devono continuare a prendere l’energia dalla stessa compagnia di vendita con la quale hanno il contratto di fornitura. Tale organizzazione genera di fatto un meccanismo economico svantaggioso per il cliente finale, produttore e consumatore insieme, che vede ridotto il proprio potere di acquisto a causa del diverso prezzo ricevuto da GSE e quello pagato all’azienda fornitrice.

La nuova delibera 727/2022/R/eel di ARERA “Definizione, ai sensi del Decreto Legislativo 199/21 e del Decreto Legislativo 210/21, della regolazione dell’autoconsumo diffuso. Approvazione del Testo Integrato Autoconsumo Diffuso” rimanda a nuova normativa, quindi di fattocongela’ l’applicazione dello SCORPORO previsto dal Decreto legislativo 199/2021 adducendo motivi di complessità di calcolo e sostenendo di aver ricevuto pareri contrari. E’ evidente che non possono certo essere i clienti finali a essere sfavorevoli a tale meccanismo, che anzi porterebbe loro grandi benefici economici.
A questo punto manca solo un pezzo per completare il quadro normativo italiano: il decreto del MASE.

Il re è nudo

Con la bozza di decreto inviato dal MASE a Bruxelles si evince definitivamente che il Governo non ha molto a cuore gli interessi degli utenti finali del sistema energia, o per incapacità o per favorire altri interessi questo non si sa, ma tale noncuranza è evidente.
L’uscita della bozza di decreto ha suscitato entusiasmo e grandi aspettative perché da troppo tempo siamo in attesa degli adempimenti da parte degli organi di Stato in tal senso.
Il ministro ha chiarito 3 cose di particolare rilievo che analizziamo brevemente:

  1. ha fissato l’incentivo TIP sull’energia condivisa dalle comunità di autoconsumo;
  2. ha chiarito le modalità di accesso ai fondi PNRR per i Comuni sotto i 5.000 abitanti;
  3. ha affondato lo Scorporo sulla falsa riga avviata da ARERA e GSE.

1 – L’incentivo TIP viene declinato a seconda delle dimensioni dell’impianto premiando maggiormente i più piccoli, accogliendo sorprendentemente le osservazioni fatte da varie parti in considerazione del fatto che i costi di creazione e manutenzione di piccoli impianti sono molto maggiori di grandi impianti. Però il TIP è legato al prezzo zonale dell’energia ma stranamente con crescita opposta, cioè a prezzi dell’energia più alti il valore del TIP decresce, cosicché gli utenti finali quando il costo di mercato è alto devono sborsare di più per avere la stessa energia. Non è chiara la logica di tale scelta, come se il legislatore non sapesse che gli utenti finali sono soggiogati dal ‘modello regolatorio virtuale’ proposto dal GSE.

2 – Speriamo di sbagliare, ma l’impressione è che Comuni e pubbliche amministrazioni si azzufferanno per ottenere i fondi del PNRR per fare qualche grande impianto che darà un giovamento ecologico molto limitato e un ristoro economico quasi insignificante ai cittadini che parteciperanno alle future CER. L’unico business significativo sarà quello delle aziende che creano questi impianti e commerciano in energia. Finiti i fondi europei è molto probabile che non assisteremo alla nascita di tante nuove CER.

3 – Infine, il ministro ha confermato la decisione di ‘congelare’ lo Scorporo, che in Italia vuol dire che non lo faremo mai. Questo è gravissimo perché l’applicazione dello Scorporo reale ed effettivo, con decurtazione nella bolletta del cliente finale della quota parte di energia condivisa, cioè quella prodotta e consumata nella stessa fascia oraria, avrebbe grandi benefici economici per i clienti finali, ma soprattutto si tradisce l’aspettativa spontanea e lecita che l’energia prodotta collegialmente dalla comunità sia tutta direttamente accessibile ai propri membri.

La cosa più assurda e sospetta è che tale Scorporo non costerebbe certamente alle casse dello Stato perché andrebbe a incidere sui guadagni delle aziende di fornitura dell’energia ai clienti finali.
Dobbiamo chiedere con forza la pronta applicazione di uno scorporo reale effettivo per la quota parte di energia condivisa dalla comunità energetica o dal gruppo di autoconsumo, estendendolo magari a tutti i clienti finali oltre quelli domestici – il Circolo sociale, la pubblica amministrazione, il negozio, la piccola azienda, i professionisti, le palestre, le parrocchie, le scuole – che vogliono fare un proprio impianto, remoto rispetto alla loro sede, tramite le reti di autoconsumo.

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