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Mufloni dell’Isola del Giglio, oltre la metà già in salvo nelle oasi protette

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Il Parco Nazionale Arcipelago Toscano rende noti i dati. I mufloni però si possono abbattere fuori dai confini del Parco e LAV invia una diffida alla Regione.

 

di Iacopo Ricci
29 settembre 2022

 ISOLA DEL GIGLIO (Gr) – Ci sono volute oltre 2000 metri di reti, 500 giornate di lavoro, droni e radiocollari. Ma alla fine 43 mufloni sono stati catturati e trasferiti in strutture protette. Il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano rende noto lo stato di avanzamento dell’”operazione mufloni” all’Isola del Giglio, condotta in attuazione dell’accordo sottoscritto il 30 novembre 2021 con LAV e WWF Italia (leggi qui l’articolo). Va ricordato tuttavia che già nel 2018 l’associazione Irriducibili Liberazione Animale ha sottoscritto un accordo con l’Ente Parco per portare in salvo un certo numero di animali, accordo rinnovato nel 2021, questa volta senza limiti di numero.

Tutti gli esemplari catturati dall’inizio del progetto fino a oggi, rende noto l’Ente Parco, sono stati trasferiti presso le strutture segnalate da LAV e WWF e Associazione Irriducibili Liberazione Animali: CRASE di Semproniano, Oasi Dynamo di Pistoia (affiliata WWF Italia), tenuta di Miemo di Pisa, CRAS La Nostra Arca di Città di Castello e presso la Riserva Naturale Statale Marsiliana, gestita dal Reparto Carabinieri Biodiversità di Follonica. Secondo le direttive impartite da ISPRA presto inizieranno le sterilizzazioni dei capi catturati.

Lo scorso anno il caso dei mufloni del Giglio ha avuto un’enorme risonanza da quando il progetto LetsGoGiglio finanziato dall’Unione Europea ha dato il via alla loro eradicazione definitiva, motivata dalla tutela della biodiversità dell’isola. Il progetto prevedeva anche l’abbattimento degli animali, stimati in alcune decine di esemplari. Presto però la questione è diventata un caso nazionale. Dopo mesi di proteste e titoloni sui giornali finalmente si è arrivati all’accordo con la sospensione degli abbattimenti e l’intensificazione delle catture. Il parco si è impegnato a finanziare le operazioni, le associazioni a collaborare con propri volontari.

Catturare i mufloni non è così semplice. Per il Giglio è stata messa in opera una tecnologia già collaudata in altri parchi italiani. I mufloni sono stati localizzati grazie ad alcuni esemplari muniti di radiocollare che di fatto “segnalavano” la presenza del gruppo sul territorio, dove la fitta macchia mediterranea rende difficile individuarli. Successivamente sono state posizionate le reti di cattura in tre settori per un totale di oltre 2 chilometri di lunghezza. Gruppi di 20/30 battitori hanno pattugliato le aree per indirizzare gli esemplari nelle reti per poi prelevarli, bendarli e collocarli in sicurezza nella casse e poi in piccoli recinti, tranquillizzati in attesa di essere trasferiti nelle aree di destinazione.

Di grande successo dell’operazione parlano LAV e WWF Italia, che dopo aver incassato i buoni risultati della prima fase del progetto rilanciano con la richiesta di estendere il territorio e la protezione del Parco nazionale all’intera isola. Perché il rischio – assai concreto – è che gli abbattimenti dei mufloni, che sono una specie cacciabile, continuino fuori dai confini del parco. E oggi LAV ha inviato una diffida legale alla Regione Toscana.
Con la nuova stagione venatoria – spiegano le due associazioni in una nota congiunta – si manterrebbe il paradosso che mentre nel Parco si sta effettuando ogni sforzo possibile per tutelare la biodiversità unica dell’arcipelago e contrastare la presenza di fauna alloctona anche ricorrendo a metodi non cruenti – evitandone l’abbattimento come nel caso del muflone – al suo margine questa può essere abbattuta dai fucili dei cacciatori”.

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