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Reti biodegradabili per riforestare i fondali marini: esperimento rivoluzionario a Livorno

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Foto Università di Pisa

Serviranno a far crescere la Posidonia oceanica, essenziale per l’ecosistema marino. Test all’acquario e in primavera in mare aperto all’isola d’Elba.

 

Redazione

LIVORNO – Si biodegrada in un paio d’anni a contatto con l’acqua marina e poi scompare. Il tempo necessario per consentire alle piantine di Posidonia oceanica di mettere radici e svolgere un compito essenziale: ossigenare l’ecosistema marino.
È un esperimento rivoluzionario quello in corso all’Acquario di Livorno, dove è stata installata una rete di bioplastica in grado di degradarsi in acqua salata che verrà usata per riforestare i fondali marini con la Posidonia oceanica.

L’idea è il risultato di una collaborazione tra Asa SpA (Azienda servizi ambientali), il Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa (DICI), Francesco Cinelli, docente di Ecologia Marina e Scienza Subacquea all’Ateneo pisano, BioIspra, l’Acquario di Livorno e l’azienda tessile Coatyarn Srl.

I tentativi di reimpianto condotti finora si sono scontrati con un grosso problema: i materiali plastici di cui sono fatti i supporti proposti per la riforestazione dei fondali. “Hanno un grande impatto ambientale– spiega Maurizia Seggiani, docente di Fondamenti chimici delle tecnologie al DICI – perché costituiti da reti di ferro rivestite con monofilamenti di polipropilene che causano la dispersione in mare di microplastiche e la morte delle specie marine che vi rimangono intrappolate”.

Ed ecco la soluzione mai tentata prima: “Il nostro gruppo di ricerca ha individuato e testato una bioplastica, il PBSA (Polibutilene succinato-co-adipato), usato in diverse applicazioni in sostituzione di plastiche tradizionali ma mai fino ad ora per applicazioni di restauro marino. Dal PBSA è stata ricavata una rete con proprietà meccaniche adeguate a contenere le talee di piccole piante di Posidonia, e in grado di biodegradarsi in un paio d’anni, il tempo necessario alla pianta per mettere radici”.

Rete bioplastica_2

 

La rete per la messa a terra delle piante è stata messa a punto grazie alla collaborazione con Coatyarn, azienda tessile specializzata in filati ad alto contenuto tecnologico, e il primo prototipo posato all’acquario di Livorno assieme ad alcune talee di Posidonia per verificarne l’efficacia nel trattenere le piantine al suolo per il tempo necessario al loro radicamento.

Il prossimo passo, previsto nella primavera 2022, sarà un test in mare aperto all’Isola D’Elba, dove le praterie di Posidonia sono minacciate dagli impianti di dissalazione del mare a osmosi inversa che rilasciano acqua ipersalina mal tollerata dalla pianta, rendendo necessarie le operazioni di trapianto.

In realtà le possibilità di impiego delle reti di bioplastica sono molto più ampie, assicura Maurizia Seggiani: “Per esempio nell’itticoltura o nei cosiddetti ‘orti marini’. Inoltre le reti possono anche essere usate sulla terraferma per consolidare frane e scarpate con un materiale in grado di biodegradarsi in quell’ambiente una volta che ha svolto la sua funzione”.