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Greenaccord a San Miniato: un miliardo di migranti climatici entro il 2050

Uno degli interventi della mattinata (foto Greenaccord)
Uno degli interventi della mattinata (foto Greenaccord)
Allarme degli esperti al forum di giornalismo ambientale: stop alla deforestazione. A rischio le foreste nel sud del Mediterraneo, in Africa, Siberia e nel Sud-Est asiatico.

 

SAN MINIATO (Pi) – Senza misure urgenti per contenere i cambiamenti climatici, entro il 2050 i governi si troveranno a dover fare fronte a un miliardo di migranti climatici.
Il grido di allarme, contenuto in un’analisi del Club di Roma, è stato oggi al centro della seconda mattinata di lavori del 15esimo Forum Internazionale Greenaccord dell’informazione ambientale in corso a San Miniato, dedicato quest’anno al tema della deforestazione.

A causare quello che potrebbe essere il più grande esodo della storia dell’uomo è l’incessante riscaldamento globale e gli eventi climatici estremi che sta causando. “Questi eventi – ha ricordato la giornalista finnico-canadese della rete Greenaccord Kaarin Rugiero – dagli anni ’80 ad oggi sono triplicati. Ma inondazioni, tempeste, tifoni o, al contrario, siccità e ondate di calore estreme non sono solo problemi climatici. Hanno infatti un impatto sociale enorme sugli esseri umani. E questo li trasformerà in un’emergenza mondiale che produrrà conflitti, carestie, malattie”.

Nel corso della mattinata è stata presentata una fotografia dello stato di salute delle aree verdi nel Mediterraneo. “Un’area critica per quanto riguarda il controllo, il monitoraggio e l’adattamento ai cambiamenti climatici – ha spiegato Giuseppe Scarascia Mugnozza, docente di Selvicoltura ed Ecofisiologia forestale dell’università della Tuscia. – Attorno al Mare Nostrum si concentra il 30% del turismo mondiale, che è una delle cause della pericolosa tendenza al sovrasfruttamento della Terra”. In questo senso, le foreste “rappresentano l’infrastruttura ecologica verde più importante della regione del Mediterraneo, con 25mila specie presenti e un’importante quantità di acqua e suolo conservati. Inoltre – ha ricordato il docente – possono assorbire fino al 30% della Co2”, per questo vanno preservate e protette con attenzione, puntando “sulla bioeconomia che ci consenta di applicare una gestione sostenibile del capitale naturale del nostro pianeta”.

Ma, secondo uno studio della Fao, solo il 15% delle foreste è collocato nel sud del bacino mediterraneo e il dato è in diminuzione a fronte di una loro crescita nelle regioni settentrionali.
Altra area nella quale le foreste sono sottoposte a un pericoloso e rapido depauperamento è il Sud-Est asiatico. A ricordarlo è stata Woro Supartinah, responsabile comunicazione del Network for Riau Forest Rescue, che ha presentato i dati relativi ai polmoni verdi presenti in Indonesia.

Una situazione forse peggiore la stanno vivendo alcuni territori africani a partire dal Kenya, dove la deforestazione va di pari passo con “drammatiche condizioni di povertà che colpiscono soprattutto le donne” ha raccontato Teresa Muthoni Maina Gitonga, dell’International Tree Foundation. “Il Kenya – ha sottolineato l’ambientalista – è il Paese con la minor presenza boschiva dell’Africa, il 7,2% di copertura, con oltre l’80% di aree desertificate. Per questi motivi, l’International Tree Foundation sta portando avanti un ambizioso progetto per la piantumazione di 20 milioni di alberi nelle foreste kenyiote”.

Spesso però proteggere il patrimonio boschivo è un lavoro difficile e complesso anche per colpa di legislazioni che nulla fanno per incentivarne la tutela. Accade ad esempio in Russia dove “le leggi rendono difficile il nostro lavoro e le Ong ambientali non sono affatto ben viste” ha denunciato Andrey Laletin, presidente del Friends of the Siberian Forests. “In Siberia si trova un altro dei polmoni verdi del Pianeta – ha spiegato ai giornalisti presenti – e le foreste occupano 515 milioni di ettari, il 40% di tutto il territorio. Vi abitano almeno 20 popolazioni indigene. Tutte queste foreste si trovano sul permafrost e sempre più spesso si verificano incidenti boschivi che hanno favorito lo scioglimento del metano, un gas serra 30 volte più pericoloso rispetto alla Co2”.

Invertire la tendenza è un compito gravoso ma necessario. Ad ogni latitudine. E cruciale sarà anche l’apporto del settore industriale. Le aziende più lungimiranti lo stanno facendo, per cercare in qualche modo di cancellare gli errori fatti in passato.

Fonte: Greenaccord Onlus

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