Ecosistema

Il declino inesorabile delle spiagge italiane: salviamo quello che resta

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Giglio di mare (foto Valentino Valentini)

Sono ormai pochissimi gli ecosistemi costieri in buono stato di conservazione. Gli altri stanno soccombendo allo sfruttamento e al degrado. 

 

di Valentino Valentini, direttore Museo Laboratorio della Fauna Minore di San Severino Lucano (Pz)
20 novembre 2023

Le nostre coste sabbiose sono da tempo immemorabile oggetto di aggressione a causa di tonnellate e tonnellate di cemento legale e illegale, di varie forme d’inquinamento e di strutture per la balneazione e lo svago, come recentemente è stato per i Jova Beach Party di Jovanotti, eventi distruttivi e incuranti di arenili che costituiscono nel loro insieme un confine tra i più sensibili ai mutamenti climatici, l’intensificazione delle mareggiate e l’innalzamento dei mari. La presenza di tali arenili, sempre più ridotti pur in presenza di una serie di vincoli (Paesaggistico/SIC/Idrogeologico/Esondazione/ D.M. 29/3/72 Riserva Protezione /Navigazione/Salvaguardia della Flora/ ecc.), non ha mai indotto e non induce tuttavia ad alcuna riflessione: e questo è un grave problema di cultura e di educazione ambientale.

Qualche autore ha scritto a tal proposito che sino a quando i salicornieti e le aree umide retrodunali saranno considerate aree marginali con vegetazione “a sterpaglia” non potremo che registrare distruzione e una fitta rete di dannose stradine di accesso alla spiaggia: che poi siano Siti d’Importanza Comunitaria (SIC) o aree sottoposte a più vincoli che ne limitino la trasformabilità ha poca importanza, sia per le amministrazioni pubbliche che in Puglia tolgono addirittura anche i vincoli alle dune, sia per l’operatore turistico e per chi gestisce o utilizza tale risorsa.

Uno scrigno di tesori naturali

La nostra fascia litoranea (battigia, dune, retrodune) è stata definita dall’UE “un Luogo d’Eccellenza”, un prezioso scrigno di tesori naturali di cui tutti indistintamente dovremmo assicurare salvaguardia e conservazione, ma qui bisogna lamentare che la “Direttiva habitat” (Direttiva 92/43 CE e allegati) a tutt’oggi non detta opportune disposizioni di tutela per tutte le specie di grande interesse faunistico, biogeografico ed ecologico delle zone mediterranee a tutti i livelli, da quello locale a quello comunitario.

La battigia

L’ambiente della battigia è quella parte della spiaggia che va dalla riva del mare sino alla prima vegetazione, non vi crescono piante ma per il sottoscritto che s’interessa d’insetti è un luogo dove questi possono trovare un ricco nutrimento sia nei detriti lasciati dal mare sia nei piccoli crostacei e altri invertebrati tipici di questa fascia; l’umidità e il riparo creato da questi detriti permette l’insediamento di una fauna non molto ricca ma nel contempo affatto peculiare di questo ambiente come Imenotteri, Ditteri e Coleotteri Cicindelidi.

Ma perché gli insetti? È presto detto, perché in tutta la fascia litoranea gli insetti riciclano i detriti che andranno gradualmente a formare terreno fertile contrastando l’aridità della sabbia e facilitando la diffusione di piante pioniere attraverso l’impollinazione e contribuiscono al mantenimento dell’equilibrio ambientale (per esempio i predatori come i Coleotteri Cicindelidi citati sopra limitano il numero di molluschi fitofagi come le chiocciole). Quindi nel loro insieme costituiscono una componente fondamentale degli ecosistemi e hanno importanza preponderante rispetto agli altri invertebrati e ai vertebrati nel condizionare la vita e l’evoluzione dei vari ambienti, per giunta sono anche un significativo “indicatore” di questi ecosistemi.

La duna

L’entomofauna di questi delicati ecosistemi, un tempo più ricca e diversificata, oggi attende tutto il nostro impegno per la sua tutela e la sua sopravvivenza. La duna poi altro non è che una lingua di sedimenti, alcune volte anche assai ristretta, altre volte addirittura quasi inesistente, un ambiente in continuo movimento in cui le forze della natura scaricano le proprie tensioni (mareggiate), un habitat “estremo” in cui la vita è presente sia nelle forme vegetali che animali. In questo ambiente tanto arido e salmastro s’insediano piante pioniere anche rare (“pioniere” in quanto le prime a colonizzare un nuovo ambiente ma fondamentali per aprire così la strada a ulteriori colonizzazioni) che con il loro apparato radicale consentono di consolidare le dune e creare quel microclima minimale perché anche la vita animale possa essere presente.

La flora dominante, denominata “psammofila”, è caratterizzata da bassa produzione di biomassa totale ed è estremamente sensibile ai disturbi del suo ambiente: parliamo del finocchio di mare, della gramigna delle spiagge, della carota di mare e il bel papavero delle dune, dell’eringio e l’erba medica marini, del bellissimo “angelo delle spiagge” o giglio di mare e dell’ammofila. Un importante elemento che caratterizza l’ambiente delle spiagge marine è dato dalla presenza di una notevole quantità di sali, con preponderanza del cloruro di sodio, sali che vengono a contatto con i processi del metabolismo degli organismi che lo popolano tanto che queste specie presentano requisiti fisiologici particolari adatti a sopportare le varie concentrazioni e questo vale, naturalmente, sia per le piante che per gli animali.

Rilevante anche l’elemento dell’insolazione, che nel terreno scoperto o a bassa vegetazione determina, specie in superficie, sbalzi di temperatura che in estate possono superare i 40 gradi centigradi, cui bisogna aggiungere l’elemento della luminosità, che costringe molte delle forme animali viventi nelle spiagge a trovare rifugio durante il giorno o insabbiandosi o riparandosi ai piedi dei vegetali o sotto detriti di varia natura, tanto che la maggior parte dei Coleotteri infeudati alla spiaggia hanno prevalentemente costumi notturni.

Ritornando all’analisi della fauna alofila, essa varia secondo la natura della spiaggia e la posizione geografica: nelle spiagge adriatiche si rinvengono, anche a parità di condizioni, alcune specie che mancano nelle spiagge tirreniche e viceversa; in Sicilia e in Sardegna si trovano specie che mancano nell’Italia continentale, altre specie, per contro, hanno diffusione vastissima che si estende addirittura oltre i limiti delle coste bagnate dal Mediterraneo.

Un particolare biotopo che merita d’essere analizzato è quello dei depositi di Posidonia caulini, Fanerogama impropriamente nota col nome di “alga”. Rivolgendoci infatti alle spiagge anche di piccole dimensioni che giacciono nelle insenature questi depositi sono in stretta relazione con le condizioni del mare e possono raggiungere le dimensioni di un metro: per cui questo tipo di substrato non tarda a divenire, in breve tempo, un punto attrattivo nel quale si affollano molte specie, proprie delle spiagge marine, tanto da assumere quasi l’aspetto di un ecosistema a sé stante.

La retroduna

La retroduna è caratterizzata da piante più alte di quelle della duna, come le note Pistacia lentiscus, Phillyrea angustifolia, Myrtus communis, Tamarix sp., Rosmarinus officinalis, Juniperus macrocarpa. L’entomofauna di questi ambienti risulta più ricca di quella delle due fasce precedenti ma meno specifica perché presente anche nella tipica macchia mediterranea. Anche qui non mancano elementi particolarmente legati a tale ambiente in quanto per il loro ciclo vitale necessitano della presenza di un substrato sabbioso come diversi Coleotteri Scarabeidi, ma anche Buprestidi e Cerambicidi, Imenotteri Sfecidi e Mutillidi: importante anche la presenza di Carabidi, una famiglia di Coleotteri ben nota a livello internazionale per la sua capacità di adattamento alla diversità ambientale e, per quel che qui più interessa, di risposta alle sue perturbazioni.

Un ecosistema in via di estinzione

Ecosistemi costieri in buono stato di conservazione sono attualmente osservabili solo in pochi siti del litorale italiano mentre lungo la gran parte di questo l’aumento della pressione antropica e dell’erosione marina hanno determinato alterazione di habitat, rarefazione ed estinzione locale delle specie vegetali e animali tipiche di tali biotopi: in Puglia il grave fenomeno dell’erosione riguarda ben il 65% delle coste balneabili. Infatti il 2° Rapporto Nazionale sull’attuazione della Direttiva “Habitat 92/43 CEE” riporta tra i 130 habitat in allegato e presenti in Italia proprio le “dune costiere”, che sono tra le poche tipologie che ricadono nella categoria “cattivo stato di conservazione”: i numerosi, pesanti interventi antropici su questi delicati ecosistemi compromettono, in alcuni casi in modo anche irreversibile, la presenza di flora e fauna, senza dimenticare che esiste un legame diretto e spesso imprescindibile, più che in altri ambienti, tra le componenti fondamentali di questi ecosistemi per cui l’alterazione della prima componente compromette seriamente la sopravvivenza della seconda.

Lottiamo per salvare quel che resta

Occorre considerare che in Ecologia la tendenza allo sviluppo dei sistemi naturali (successioni ecologiche) implica un aumento della struttura e della complessità per cui tutti gli interventi che contrastano tale tendenza naturale creano un notevole danno agli ecosistemi. Per salvaguardare quanto rimane di questo patrimonio naturale e tramandarlo alle prossime generazioni è urgente e improcrastinabile individuare e realizzare, oltre a eventuali ripascimenti sabbiosi e ricostruzioni dunali (dicesi “rinaturalizzazione” del territorio) anche alcune oasi-riserve realmente funzionanti: non come nel caso del vicino Parco Regionale Costa di Otranto. S.M. di Leuca e Bosco Tricase, una Riserva senza alcuna tabellazione né segnaletica, senza vigilanza e alcun controllo, solo una squallida “res nullius” abbandonata all’arbitrio di chi entra e fa ciò che vuole! Quindi oasi e riserve che non siano “acefale” e possano disporre di un minimo di personale e di mezzi tecnici e finanziari in un primo tempo anche modesti ma necessari affinché siano realmente salvaguardate e degnamente fruite da tutti in modo intelligente e oculato (anche a partire da oasi già esistenti, parzialmente ma ancora non compromesse in modo irreparabile).

Ritrovare l’empatia con la Natura

Un importante progetto di ricerca a livello internazionale (Global Land Project) conferma quanto le trasformazioni e manomissioni umane degli ecosistemi e dei paesaggi costituiscano il più grande cambiamento che stiamo causando sulla superficie terrestre, fenomeno che sta alterando, alcune volte irrimediabilmente, la capacità nonché l’abilità della biosfera di sostenere la vita. Purtroppo ancor oggi nel nostro Paese la cultura dominante non riesce a considerare la Natura e la biodiversità come valori fondativi alla nostra stessa sopravvivenza: e aver tolto il vincolo alle dune costiere da parte della Regione Puglia è segno irrefutabile di questa pericolosa incapacità.

Dato che il sottoscritto è fermamente convinto che la “conoscenza della natura sia emozionale” ritengo assolutamente indispensabile promuovere incontri con le comunità interessate volti a una conoscenza più approfondita di questo irrinunciabile patrimonio di biodiversità: ci possiamo provare anche attraverso la realizzazione di piccoli “centri natura” o “centri visita” che dir si voglia, comunicando alla gente il valore della “bioempatia”, la capacità, cioè, di considerare le cose anche dal punto di vista della Natura e non solo dal nostro di esseri umani: tale vuole essere la missione fondamentale del piccolo Museo Laboratorio della Fauna Minore, fondato dal sottoscritto in collaborazione con la Regione Basilicata, il Parco Nazionale del Pollino e il Comune di San Severino Lucano (PZ).

Con gli amici ecologisti del Coordinamento regionale di Cittadini, Associazioni e Comitati territoriali per la salvaguardia dell’ambiente, del clima e della salute pubblica in Bari e in Puglia volentieri condividerei decise e diffuse azioni di lotta a tutti i livelli per la tutela di quanto rimane di questi nostri delicati territori.
Infine, chi scrive è pienamente d’accordo con Edward Goldsmith nell’osservare che non possiamo impegnarci a salvaguardare gli ambienti dei litorali e la biosfera stessa come fosse una sorta di “contratto ecologico” basato solo su una fredda analisi di costi e benefici: sono fermamente convinto che sia fondamentale anche un grande impegno morale ed emotivo.