Prima la salute - di ISDE Medici per l'Ambiente

Il diritto alla vita è anche il diritto a un ambiente salubre

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Continua la nostra battaglia contro il cosiddetto “Decreto emergenze”, le cui misure violano diritti fondamentali.

 

di Michele Carducci, docente di Diritto costituzionale comparato – Università del Salento
Agostino Di Ciaula – presidente Comitato scientifico ISDE

isde_logo_piccoloNonostante gli attacchi rivolti al nostro recente appello sul cosiddetto “Decreto emergenze” sentiamo il dovere di ribadire la nostra profonda preoccupazione per quanto si sta consumando in Parlamento, con l’approvazione di misure legislative che violano diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione italiana e da numerose fonti internazionali.

Dopo l’Accordo di Parigi sul clima, il diritto alla salute è stato definitivamente coniugato non solo con il diritto umano all’ambiente salubre e il diritto umano al clima delle presenti e future generazioni (si veda, per tutti, l’OHCHR’s Key Messages on Human Rights and Climate Change), ma anche con i diritti della natura, intesa come rispetto della biodiversità e della integrità degli ecosistemi (si veda, per tutti, il programma ONU Harmony with Nature).
In Europa è stata costituita la coalizione “Citizens for Science in Pesticide Regulation”, che ha lanciato il manifesto “Scienza rigorosa, cibo sicuro, ambiente sano“, allo scopo di sensibilizzare decisori e opinione pubblica sulle nuove sfide della sostenibilità nell’era dei cambiamenti climatici antropogenici.

Tutte le fonti più autorevoli di tutela dei diritti umani si riconoscono nel nuovo approccio di valutazione ecosistemica delle politiche pubbliche. La Corte europea dei diritti umani ha ormai consolidato la coniugazione del diritto alla vita con il diritto umano a un ambiente salubre.
Anche la Corte di Giustizia dell’Unione europea, che sin dalla sentenza “Ortscheit” ha proclamato che «la salute e la vita delle persone occupano il primo posto» ha recentemente affermato, proprio con riferimento all’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), l’obbligo indefettibile di comunicare pubblicamente dati e informazioni relative all’impiego di sostanze chimiche a contenuto tossico e climalterante, imponendo l’onere della valutazione di impatto sugli ecosistemi e sulla salute umana.

La Convenzione di Aarhus, ratificata anche dall’Italia, riconosce il diritto fondamentale dei cittadini a essere informati e a partecipare alle decisioni in materia ambientale. L’Italia ha altresì fatti propri i documenti delle Nazioni Unite a tutela dei diritti della natura.
Essere informati, chiedere un dibattito scientifico aperto, trasparente e non condizionato, pretendere le valutazioni d’impatto sugli ecosistemi e sulla salute umana, in nome dei diritti umani e di quelli della natura, non sono dunque pretese assurde e capricciose. Sono rivendicazioni legittimate dalla migliore giurisprudenza euro-unitaria sulla salvaguardia dei metodi democratici, la trasparenza e il rispetto delle presenti e future generazioni.

Il nostro appello è stato criticato contestando i possibili rischi dell’utilizzo di neonicotinoidi e piretroidi previsto dal “decreto Martina” prima e, successivamente, dal “decreto emergenze” in deroga a ogni disposizione vigente. Si è in particolare affermato che i rischi per la salute dei cittadini sarebbero “perennemente millantati, ma mai provati tramite opportune e affidabili evidenze statistiche di tipo epidemiologico”, ignorando numerose evidenze scientifiche come il Canadian Health Measures Survey, il PELAGIE mother–child cohort study, il VHEMBE cohort study (per citarne solo alcune), che hanno solidamente dimostrato associazioni tra l’utilizzo di piretroidi ed effetti sanitari negativi, primi fra tutti le alterazioni comportamentali e dello sviluppo neuro-cognitivo nei bambini.

Si sono ignorate le preoccupazioni sulla sicurezza del neonicotinoide acetamiprid, espressamente indicato dal decreto Martina come preferenziale rispetto ad altri, derivanti da numerose evidenze che associano l’utilizzo di tale pesticida a effetti biologici e clinici negativi.
Si sono persino ignorate le gravi conseguenze ambientali che hanno spinto la Francia, ad aprile 2018, a vietare per legge l’utilizzo di acetamiprid.

Le critiche mosse al nostro appello ignorano completamente i timori espressi dall’EFSA, che specifica come “L’uso intensivo di trattamenti insetticidi per limitare la trasmissione della malattia e il controllo dell’insetto vettore può avere conseguenze dirette e indirette sull’ambiente, modificando intere catene alimentari con conseguenze a cascata, a vari livelli trofici. Ad esempio, si guarda con grande preoccupazione all’attuale impatto indiretto dei pesticidi sull’impollinazione. A ciò si aggiunga che i trattamenti insetticidi su larga scala costituiscono rischi per la salute umana e animale” (European Food Safety Authority (EFSA), Scientific Opinion on the risk to plant health posed by Xylella fastidiosa in the EU territory, with the identification and evaluation of risk reduction options – EFSA Journal 2015; 13 (1): 3989).

In ultimo, sono state ignorate le indicazioni derivanti da studi dei massimi esperti mondiali di xylella (Sicard, Almeida et al), i quali in una recente pubblicazione scientifica (Annual Review of Phytopathology 56:9, 2018) affermano che “l’uso di insetticidi, anche qualora efficace, non è sempre necessario e giustificabile economicamente per la bassa efficacia e gli alti costi”, riportando esperienze pregresse (ad esempio in Francia) a sostegno di questa affermazione.
Gli stessi autori hanno affermato anche che “utilizzare queste sostanze significa rendersi conto dell’effetto biocida sugli insetti utili, dell’alterazione dell’ecosistema, degli effetti negativi amplificati dall’abuso degli altri insetticidi, della possibile comparsa di resistenze a quelle sostanze, che le renderebbero rapidamente inefficaci”.

Il diritto euro-unitario e quello internazionale militano a favore della fondatezza delle nostre preoccupazioni, sia di sostanza (con riguardo al rispetto dei diritti costituzionali, del diritto umano all’ambiente salubre e al clima, dei diritti della natura) sia di metodo (con riguardo all’accesso alle informazioni su sostanze nocive e climalteranti e al dovere di utilizzare forme democratiche trasparenti e partecipate – come ammesso dalla Convenzione di Aarhus e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE – di discussione scientifica sulla sostenibilità).

La legislazione italiana deve inderogabilmente attenersi ai vincoli e agli obblighi euro-unitari e internazionali e ai connessi diritti umani all’ambiente salubre, al clima e alla conservazione della biodiversità e degli ecosistemi, da tali fonti abilitati (art. 117.1 Cost.), tant’è che la Corte costituzionale italiana ha più volte censurato il legislatore italiano che ha utilizzato l’argomento della “emergenza”, per sottrarsi a obblighi di tutela dei diritti e oneri di valutazione a garanzia della salute e dell’ambiente.
A tali parametri noi ci atteniamo per dovere di fedeltà costituzionale. Noi chiediamo il rispetto di obblighi e oneri che la giurisprudenza dei diritti umani euro-unitaria richiede a carico di qualsiasi decisore pubblico.
Riteniamo, quindi, che sia giusto e doveroso richiamare l’attenzione di tutti sulle gravi omissioni che il cosiddetto “decreto emergenze” presenta su questo fronte.

Ci impegneremo in tutte le sedi a denunciarlo, attivando, se inevitabile, tutti gli strumenti di carattere costituzionale, europeo e internazionale che operano a garanzia dei diritti umani e quelli della natura.
Lo dobbiamo per il diritto all’ambiente salubre e al clima delle presenti e future generazioni e per il rispetto dei diritti della natura, notoriamente ferita dagli errori di valutazione e metodo dei decisori pubblici.