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Le associazioni accusano: poche analisi sui pesticidi nelle acque. La replica di Arpat

spargimento pesticidi ambiente-Toscana
L’Agenzia regionale, chiamata in causa, interviene su alcune dichiarazioni delle 12 associazioni che hanno impugnato il PUFF della Toscana davanti all’Unione Europea.

 

Qualche settimana fa abbiamo pubblicato un intervento delle 12 associazioni, di cui 5 toscane, che hanno denunciato il PUFF (Piano per l’Uso sostenibile dei prodotti Fitosanitari e dei Fertilizzanti) della Toscana sottoscrivendo una formale contestazione inviata all’Unione Europea. L’intervento, a firma dell’agronomo Mario Apicella, portavoce del Biodistretto del Monte Amiata, chiamava in causa anche ARPAT relativamente al monitoraggio dei pesticidi nelle acque potabili. Questa la replica dell’Agenzia regionale di protezione ambientale. 

“In un articolo pubblicato sul sito ToscanaChiantiAmbiente si apprende che 12 associazioni denunciano il PUFF (Piano per l’Uso sostenibile dei prodotti Fitosanitari e dei Fertilizzanti) della Toscana e hanno sottoscritto una formale contestazione inviata all’Unione Europea.

In particolare in un passaggio dell’articolo si afferma che in alcune zone della Regione i sindaci “sono costretti a emanare ordinanze come quella del 5 novembre 2019” di “misure urgenti per la tutela delle acque di approvvigionamento del pubblico acquedotto” per aver rilevato lo spandimento, nel caso specifico, di “glifosate, AMPA, oxadiazon, bupirimate, carbendazim, imidacloprid, penconazolo, tebufenozide, tetraconazolo, fluopyram, MCPA, pendimetalin, oxifluorfen” e inoltre evidenziando che dalle indagini nelle aziende florovivaistiche “per alcune sostanze attive utilizzate nei trattamenti registrati (abamectina, clofentezine, tiofanate metile, acrinatrina, flonicamid, emamectina benzoato, deltametrina, diquat, pyriproxyfen, alcol isodecilato etossilato) non è stato possibile accertare l’effettivo utilizzo in area di salvaguardia perché ARPAT non le determina” e infine invocando leggi che sanzionino gli enti preposti al monitoraggio per omissioni di atti di ufficio,in quanto sappiamo che le cosiddette acque potabili in alcuni territori sono avvelenate ma la presenza di pesticidi non viene determinata da chi è preposto a farlo”.

Tralasciando le altre affermazioni dell’articolo riguardanti più specificatamente il PUFF, fermo restando che ARPAT non esegue analisi sulle acque destinate al consumo umano dal 2011 (attività che è di competenza delle Aziende Sanitarie), si intende fornire una disamina prettamente tecnica per la corretta interpretazione delle asserzioni sopra richiamate.

La determinazione dei prodotti fitosanitari in matrici ambientali e/o alimentari è una questione complessa che deve tenere conto di numerosi fattori visto l’elevato numero di molecole commercializzate e l’altrettanto vasta eterogenicità strutturale.
La necessità di linee analitiche e di campionamento dedicate richiede un’attenta valutazione delle pressioni sulle matrici ambientali (in maniera estremamente semplificata associabili ai dati di vendita) e alle caratteristiche tossicologiche ed ecotossicologiche dei vari principi fitosanitari, per poter indirizzare ed efficientemente utilizzare le disponibilità economiche (strumentali e umane) dell’Agenzia che sono tutt’altro che infinite.

La questione viene ulteriormente complicata dal fatto che gli stessi dati di vendita non sono disponibili in forma disaggregata in quanto il SISTAN (Sistema Statistico Nazionale) non può comunicarli senza violare la vigente normativa sulla privacy (tutte le informazioni giuridiche in materia sono disponibili sul Web. 
Solo recentemente, e dopo continue richieste, ISPRA è riuscita a ottenere da SISTAN una stima delle vendite dove, per osservanza della legislazione precedentemente citata, i quantitativi venduti dei vari principi fitosanitari sono stati catalogati come A (alti), B (bassi) e M (medi).

Dei dieci principi fitosanitari riportati nell’articolo pubblicato, ovvero: abamectina, clofentezine, tiofanate metile, acrinatrina, flonicamid, emamectina benzoato, deltametrina, diquat, pyriproxyfen, alcol isodecilato etossilato ben sette presentano dati di vendita catalogati come B (= bassi) (abamectina, clofentezine, acrinatrina, flonicamid, emamectina benzoato, deltametrina, pyriproxyfen) e uno come M (= medi) (Diquat).

ARPAT, pur essendo una delle realtà agenziali più avanzate ed evolute a livello nazionale nell’analisi di principi fitosanitari in matrici ambientali (prima realtà pubblica ad accreditare a norma UNI EN 17025 un metodo analitico per Glifosate ed AMPA e, attualmente, in grado di analizzare oltre cento principi fitosanitari diversi) ha deciso, per un ottimale utilizzo delle risorse disponibili, di escludere in questo tipo di analisi i principi venduti sul territorio regionale in misura ridotta.

Il Tiofanate Metile è l’unico principio fitosanitario della lista in oggetto che presenta vendite di tipo A (= alte), tuttavia, secondo quanto riportato nella letteratura scientifica (Metabolic Pathways of Agrochemicals: Part 2: Insecticides and Fungicides, Terry R Roberts et al. 1999), tale sostanza si degrada rapidamente in acqua a Carbendazim (Metil 1H -benzimidazol-2-ilcarbammato) e tale metabolita è correntemente analizzato tramite HPLC-HRMS nel laboratorio di ARPAT.

Relativamente all’ultima sostanza citata nella mail originale, ovvero l’alcol isodecilato etossilato che probabilmente, nelle intenzioni dello scrivente, è identificabile con l’ alcol isodecilico etossilato, è d’uopo segnalare che non si tratta di un principio fitosanitario ma di un coadiuvante tecnologico che pertanto non viene ricercato.

Proprio per ovviare a questa problematica ed evitare che si possa sfruttare in maniera illecita l’impossibilità della ricerca delle centinaia di sostanze ad attività fitosanitaria commercializzate, è stato suggerita l’introduzione nella prossima revisione del PUFF di un criterio di selezione dei principi attivi permessi nella nuova lista in base alla possibilità o meno di analisi da parte dei laboratori pubblici preposti al controllo di ARPAT o ASL”.

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  • Ringraziando sinceramente l’Arpat per aver preso in considerazione il nostro intervento di cui il sottoscritto è solo un cronista, https://www.toscanachiantiambiente.it/pesticidi-12-associazioni-denunciano-il-puff-della-toscana-allunione-europea/
    Serve evidenziare che i 23 principi attivi elencati nel report, fanno semplicemente parte dell’ordinanza 1004 del 5 novembre 2019 emessa dal servizio Ambiente e Cimiteri del Comune di Pistoia che, ha come oggetto: MISURE CONTINGIBILI E URGENTI PER LA TUTELA DELLE ACQUE DI APPROVVIGIONAMENTO DEL PUBBLICO ACQUEDOTTO DEL CAMPO POZZI DENOMINATO “SAN PANTALEO” NEL COMUNE DI PISTOIA.
    L’ordinanza, inviata alche al “Dipartimento provinciale Arpat sede di Pistoia” da atto in seconda pagina che “Per alcune sostanze attive utilizzate nei trattamenti registrati (abamectina, clofentezine, tiofanate metile, acrinatrina, flonicamid, emamectina benzoato, deltametrina, diquat, pyriproxyfen, alcol isodecilato etossilato) non è stato possibile accertare l’effettivo utilizzo in area di salvaguardia perché ARPAT non le determina”

    Peccato che invece non si sia potuto accennare ai 170 pesticidi infilati senza pietà nel PUFF regionale nonostante per 74 di essi la stessa Arpat regionale avesse presentato un analitico “documento preparatorio” il 19 dicembre 2015 in cui partendo dal monitoraggio effettuato dall’Agenzia nelle acque, anche sotterranee, si evidenziava “da alcuni anni una diffusa presenza di pesticidi” in migliaia di campioni analizzati, riscontrando tra l’altro la presenza proprio del “insetticida imidacloprid, un neonicotinoide il cui uso e stato sospeso per un certo periodo di tempo, a causa dei possibili effetti negativi nei confronti delle api” e chiaramente del Glifosate “che se pur ricercato in un numero ridotto di campioni a causa della complessità del metodo di analisi, presenta una percentuale elevata di analisi con residui, anche con concentrazioni superiori a 0,1 μg/l”
    Il documento preparatorio continuava osservando che “Tali risultati ripropongono con forza il tema della disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali destinate al consumo umano (di cui all’articolo 94 del D.Lgs. 152/2006) che fissa una zona di rispetto di 200 metri dal punto di captazione all’interno delle quali l’uso di prodotti fitosanitari e vietato. Tale norma e con molta probabilità diffusamente violata nella nostra regione, come testimoniano i dati catastali e le foto aeree che mostrano in molti casi la presenza di coltivazioni all’interno della fascia di rispetto dei 200 metri. Il rischio di inquinamento delle acque da pesticidi provenienti da tali aree trattate e molto alto e per questo motivo deve essere mantenuto un elevato grado di protezione e garantite adeguate azioni di mitigazione del fenomeno.”

    Mario Apicella