Ecosistema

Scoperto lo scrigno delle piante aliene in Italia: è il fiume Arbia nel Senese

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Foto Anbi Toscana

Il risultato dopo oltre un anno di monitoraggi e ricerca universitaria. Individuate 28 specie, le più invasive Artemisia verlotiorum, Robinia e canna comune.

 

Redazione
23 febbraio 2023

SIENA – Lo “scrigno” delle piante aliene si trova in Toscana, sul fiume Arbia. Ne sono state scoperte 28 specie su 412 censite (6,8%): Artemisia verlotiorum e Robinia pseudoacacia le più frequenti. E la loro frequenza aumenta con la distanza dalla sorgente, il che sta a indicare una correlazione con l’impatto delle attività umane.

Lo studio sul fiume Arbia è parte della convenzione in corso tra il Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud e le università toscane. Un progetto reso ora più importante dall’invasione di piante aliene che stanno minacciando i corsi d’acqua di tutta la regione anche nelle province di Grosseto e Siena. L’indagine ecologica, botanica e faunistica vuole dunque individuare linee guida per la gestione della vegetazione nei corsi d’acqua e ha concluso il suo secondo anno.

Una prima fase del progetto, oltre al fiume Arbia nel Senese, si è concentrata sul fiume Bruna e sul torrente Ampio in Maremma con un intervento sperimentale per la rimozione della specie aliena invasiva Arundo donax, la canna comune. Sul torrente Ampio invece è in corso un esperimento, con tre tipologie di trattamenti, per dare risposte sulla possibilità di eradicare la canna comune analizzando anche batteri e funghi associati. I dati raccolti serviranno a stabilire quale trattamento è il più efficace per il contenimento di questa specie invasiva.

L’analisi toscana della vegetazione e degli habitat si è incentrata su altre tre aree chiave: i fiumi Ombrone (in provincia di Siena), Bruna ed Albegna (in provincia di Grosseto). Sull’Ombrone, a Buonconvento, si lavora lungo un tratto di circa un chilometro. Lo studio ha l’obbiettivo di valutare l’impatto delle diverse metodologie di taglio sulla composizione e la diversità della vegetazione per individuare la migliore pratica sostenibile per il patrimonio di piante autoctone; i sensori installati registreranno i dati di temperatura nel microclima locale per un periodo minimo di un anno.

Il monitoraggio verrà ripetuto tra la primavera e l’estate – spiega Fabio Bellacchi, presidente del Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud – è un progetto molto importante che può aiutarci a convivere meglio con l’Ombrone, il nostro principale corso d’acqua”.
Sul tratto vicino alla foce del fiume Bruna si sta valutando se gli argini dei corsi d’acqua con molti interventi umani possano rappresentare un serbatoio di specie vegetali autoctone, anche di pregio, all’interno di aree agricole soggette a colture intensive.

Ora – afferma Fabio Zappalorti, direttore generale di ANBI Toscana – i ricercatori dell’Università di Siena analizzeranno i fattori ambientali e le cause antropiche che guidano la distribuzione delle più frequenti specie autoctone ed aliene. Questi risultati potranno essere utili ovunque, vista la crescente e preoccupante diffusione di specie invasive a iniziare dalla Toscana”.

Fonte: Anbi Toscana

Intervento di rimozione di Arundo donax (canna comune), specie aliena invasiva.
Intervento di rimozione di Arundo donax (la canna comune), specie aliena invasiva

 

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3 Commenti

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  • Il CB6 si lancia come palladino contro le piante aliene? Bene, sterminiamo tutti i canneti con le ruspe e se non funziona ricorriamo a “trattamenti”. Queste sono trappole per ignari ricercatori? Qualcuno ne sa qualcosa? Intervistati solo Bellacchi e Zappalorti.

  • Per ora il troiaio nella spiaggia di Albinia, vedere x credere, lo hanno fatto questi signori tagliando le canne nei corsi d’acqua dell’interno, applausi, !! poi prima dell’estate si dovranno spendere altri soldi x la pulizia della spiaggia!! Questi signori pretendono le quote di iscrizione da tutti quando l’ente per definizione ha carattere volontario. Con questo soldi, soldi nostri, affidando progetti discutibili alle università, si fanno belli ed in più cosa da non sottostimare queste diventano servilmente dipendenti e ben disposte nei confronti dei consorzi in vista di altri futuri studi da questi commissionati. La canna comune mi sembra un buon esempio, diciamo per semplificare che c’è sempre stata e si è trovato anche il modo di utilizzarla. Poi sai che danno se ingolfa qualche fosso, al solito x interesse si lamenterà il proprietario dei terreni interessati. Ecologicamente poi i canneti costituiscono un ulteriore habitat ben gradito a numerose specie quindi distruggerli non è proprio il massimo, non siamo messi bene…