Rifiuti e riciclo

Un Pinocchio gigante fatto con gli scarti nel cortile di Palazzo Vecchio

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E’ il “Pinocchio di Pinocchi” di Edoardo Malagigi. Alto tre metri e mezzo, è fatto con gli scarti di lavorazione delle aziende che costruiscono il burattino.

 

di Iacopo Ricci
21 marzo 2023

Pinocchio-di-pinocchi_1FIRENZE – Una scultura di tre metri e mezzo fatta con materiali di scarto e riciclo. È il “Pinocchio di Pinocchi” dell’artista fiorentino Edoardo Malagigi, esposta dal 17 marzo al 9 aprile nel cortile di Michelozzo a Palazzo Vecchio a Firenze.
Pinocchio è uno dei simboli della Toscana, l’immortale creatura letteraria dello scrittore e giornalista fiorentino Carlo Lorenzini in arte Collodi. A 140 anni dalla prima pubblicazione del libro il Comune di Firenze ha installato questo Pinocchio gigante fatto riciclando scarti di lavorazione e pezzi difettati di burattini in legno di più piccole dimensioni. Un invito a riflettere sulla necessità del riuso e recupero dei materiali e a considerare i rifiuti stessi come una risorsa preziosa.

Com’è fatto il Pinocchio di Pinocchi

Il lavoro, eseguito a Firenze nel 2007, è stato presentato alla Giornata Internazionale dell’Ambiente a Genova nel 2010. Il Pinocchio nella parte esterna è fatto con gli scarti di lavorazione e pezzi difettati delle aziende del Lago D’Orta che costruiscono il burattino. I frammenti sono stati raccolti dall’azienda Mastro Geppetto. L’interno è di polistirolo tornito, è alto 5,70 metri e riproduce in grande la forma del popolare gadget della fine dell’800. È articolabile, composto di 5 pezzi, può assumere diverse posture, seduto, in piedi, in corsa o che cammina. Vuole indicare un aspetto della questione ambientale come la dispersione delle risorse.
Si auspica che l’immagine di un’opera, che affascina e rimane impressa nella retina dell’osservatore, sia veicolo di consapevolezza – spiega Edoardo Malagigi – Senza questo fascino, il ricordo sbiadirebbe e arduo sarebbe arrivare a una presa di coscienza”.

Edoardo Malagigi: arte dai rifiuti

Edoardo Malagigi ha insegnato per 40 anni all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Da tempo è impegnato a dar vita installazioni artistiche servendosi come materia prima dei rifiuti. Ecco qualcuna delle sue opere.

Nel 2009 in Sardegna a Pula (CA) ha coinvolto gli abitanti nella costruzione di “Schillellè”, un pesce lungo 8 metri fatto con i rifiuti che il mare riporta sulla terra ferma: bottiglie, scarpe, reti, legni, plastiche varie. Schillellè ha le sembianze del muggine dal quale i sardi estraggono la pregiata “bottarga”.

Nel 2013 Malagigi è a Naha, la capitale dell’isola di Okinawa in Giappone. Qui migliaia di piccoli rifiuti arrivati al porto dall’oceano sono stati lavati e piegati con la tecnica degli origami, diventando fiori da applicare all’esterno di una sagoma lunga otto metri simile al dugongo, mammifero in via di estinzione che ancora frequenta le coste dell’isola.

Nel 2019 in un capannone alla periferia di Pisa ha costruito un capodoglio di tetrapak lungo 12 metri (leggi qui l’articolo),  le dimensioni reali di questo mammifero marino che vive nel Santuario dei cetacei Pelagos fra la Liguria, la Corsica e la Toscana. Lo scheletro di ferro è stato fabbricato da un artigiano locale, per simulare la pelle sono stati impiegati più di 5.000 tetrapak usati. Anche questa volta il messaggio è chiaro: richiamare l’attenzione sull’inquinamento del mare.

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