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Ateneo di Firenze: “Indispensabili riduzioni dell’inquinamento più drastiche”

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Secondo una recente ricerca gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi e della COP28 hanno bisogno di misure più severe contro la CO2 e l’effetto serra.

 

Redazione
11 marzo 2024

FIRENZE – Cambiare il nostro rapporto con il mondo fisico – porre fine a un’epoca di consumo sfrenato – significa cambiare il modo in cui pensiamo praticamente a tutto: ricchezza, potere, gioia, tempo, spazio, natura, valore, quello che costituisce una buona vita, quello che conta, come avviene il cambiamento stesso.

L’estrazione di materiale da combustione è alla base del ciclo di produzione e consumo su cui l’industria dei combustibili fossili si è favolosamente arricchita. Crea caos climatico, distruzione e contaminazione in ogni fase del processo. Secondo un rapporto dell’Onu a livello globale la combustione di combustibili fossili uccide quasi 9 milioni di persone all’anno, un numero di morti superiore a quello di qualsiasi guerra recente.

Ma i correttivi fissati per invertire la tendenza potrebbero non bastare. Da una recente ricerca coordinata dall’Università di Hohai, a cui ha partecipato Giovanni Forzieri del Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’Università di Firenze, emerge che “per raggiungere gli obiettivi di salvaguardia del clima che la comunità internazionale si è posta potrebbero essere necessarie riduzioni dell’inquinamento umano più consistenti rispetto alle previsioni”. In sostanza, se si verificheranno le proiezioni elaborate fino alla fine di questo secolo, gli obiettivi climatici previsti dall’Accordo di Parigi del 2015 o dalla conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 28) svoltasi nel 2023 a Dubai potrebbero rivelarsi insufficienti.

L’indagine si è concentrata sullo studio dei cosiddetti effetti indiretti dell’elevata concentrazione di CO2 in atmosfera, cioè sulla comprensione di come l’aumentato effetto serra, attraverso le variazioni climatiche, influenzi la capacità di assorbimento del carbonio da parte del mondo vegetale. Attraverso osservazioni satellitari e modelli del sistema Terra si è analizzato questo fenomeno in un arco temporale che va dal 1982 al 2014, con possibili proiezioni fino al 2100.

“Il riscaldamento climatico  ha procurato in un primo periodo un maggior numero di effetti positivi indiretti in termini di assorbimento del carbonio – spiega Forzieri – ad esempio nell’emisfero boreale, dove l’alterazione delle temperature ha ridotto nei terreni la durata della copertura di neve favorendo la crescita della vegetazione. Ma negli ultimi decenni  dello scorso secolo e nei primi anni del XXI gli effetti indiretti complessivi a livello mondiale dell’elevata concentrazione di anidride carbonica in atmosfera hanno cambiato di segno, divenendo negativi: le ondate di calore, le precipitazioni più scarse hanno provocato, infatti, una limitazione di risorse idriche disponibili, anche nelle zone boreali, e gravi situazioni di siccità,  fenomeni che comportano una minore capacità di sequestrare il carbonio da parte della vegetazione”.

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