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Falso succo bio, Federbio: servono veri controlli e tracciabilità

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La Guardia di Finanza di Pisa sventa una maxi frode nella produzione e commercializzazione di falso succo di mela biologico. Dichiarazioni di sdegno da Federbio e Confagricoltura.

 

L’Ispettorato Centrale Repressione frodi  e i militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Pisa hanno sventato una maxi frode nella produzione e commercializzazione di falsi prodotti biologici per un valore di oltre 6,5 milioni di euro.

Le indagini hanno accertato che l’organizzazione criminale, articolata su diversi livelli gerarchici con il diretto intervento di soggetti prestanome in Italia e all’estero, ha prodotto e commercializzato nel territorio dell’Unione europea 1,4 milioni di kg di succo concentrato di mela sofisticato con acqua e sostanze zuccherine dichiarandolo falsamente come biologico di origine europea. Le indagini della Procura di Pisa hanno permesso di arrestare 9 persone e di sottoporre a sequestro 6 società, beni mobili e immobili per un valore complessivo di oltre 6,5 milioni di euro.

“Ancora una volta si sono sfruttate le debolezze del sistema di certificazione attuale, che FederBio denuncia da anni – ha commentato Paolo Carnemolla, presidente di FederBio – per truffare sia i consumatori che i produttori biologici onesti, che sono la grande maggioranza ma che vedono diminuire i prezzi di acquisto dei loro prodotti per la concorrenza crescente di prodotti convenzionali camuffati da biologici, non solo di provenienza estera. Senza una vera tracciabilità di sistema, come quella che FederBio ha proposto e attuato da tempo, e senza interventi drastici su alcuni organismi di certificazione in palese conflitto d’interesse o inadeguati a svolgere un controllo efficace nell’era del digitale e della blockchain, il rischio rimarrà elevato”.

“Situazioni di questo genere – fa eco Antonio Tonioni, vicepresidente di Confagricoltura Toscana e presidente sezione ortofrutta – provocano danni diretti alla nostra agricoltura sia per l’immagine negativa che per il mancato utilizzo delle mele toscane, visto che l’azienda in questione ha sede in Toscana e poteva servirsi del prodotto disponibile localmente, di qualità e certificato, favorendo così l’economia locale”.

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