Rifiuti e riciclo

L’invasione degli imballaggi: “L’Italia vieti la plastica monouso per l’ortofrutta”

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Marevivo e Zero Waste Italy lanciano la campagna #BastaVaschette per dire no agli imballaggi monouso per frutta e verdura: “Non c’è più tempo”. 

 

di Gabriella Congedo
3 febbraio 2023

Siamo sommersi dagli imballaggi. Per rendersene conto basta farsi un giro tra gli scaffali di un supermercato: una sfilza di prodotti impacchettati nella plastica, a cominciare dal reparto ortofrutta. La musica non cambia molto nelle catene della Grande Distribuzione Organizzata che vantano attenzione alla sostenibilità ambientale: qualche pratica virtuosa è stata messa in atto ma alla fine dei salmi anche lì tanto packaging di plastica e pochissimi prodotti sfusi.

I numeri del resto parlano chiaro: ogni anno solo in Italia vengono utilizzati 1,2 miliardi di vaschette di plastica, molto spesso non riciclabili. E si stima che nei prossimi anni aumenteranno del 35%.
È evidente che così non si può andare avanti. Per renderne consapevoli produttori, distributori e consumatori Marevivo e Zero Waste Italy hanno lanciato la campagna #BastaVaschette. Come immagine simbolo la scelta è caduta sul “Giovane con canestra di frutta” di Caravaggio riveduto e corretto (su concessione della Galleria Borghese), dove vediamo il bell’adolescente reggere un cesto ricolmo di frutta e ortaggi debitamente imballati nella plastica.

Cosa chiedono Marevivo e Zero Waste

Le due associazioni chiedono una legge anche in Italia che vieti l’utilizzo di confezioni di plastica monouso per l’ortofrutta. In Francia per esempio l’impiego di imballaggi in plastica è già vietato per una trentina di prodotti ortofrutticoli freschi la cui confezione non superi il peso di 1,5 kg.

Ma le leggi da sole non bastano. Un altro obiettivo della campagna #BastaVaschette è indurre i consumatori a cambiare abitudini scegliendo di acquistare prodotti sfusi. Basterebbe questo, assicurano, per ridurre dell’80% l’impiego della plastica nell’ortofrutta. “Il volume degli imballaggi è in costante crescita e la riduzione deve essere il primo passo – spiega Raffaella Giugni di Marevivo – Non c’è più tempo: non ci basta sapere che la plastica è stata trovata nei tessuti della placenta umana e nel sangue? L’ambiente, la salute e la qualità della vita di noi tutti sono ancora una volta messi in secondo piano rispetto alle esigenze commerciali di un mercato distorto che ci sta portando verso un punto di non ritorno”.

Queste confezioni, aggiungono i promotori della campagna, sono dannose non solo per l’impatto ambientale – la plastica spesso finisce in mare dove rimane per sempre, sminuzzandosi e rappresentando una minaccia per gli animali che lo abitano – ma anche e soprattutto per il fatto che possono contaminare gli alimenti rilasciando sostanze dannose per la salute dell’uomo.

Affermazioni che qualcuno non ha preso bene, tant’è che Marevivo si è beccata una lettera di diffida da Unionplast per aver diffuso informazioni “destituite di ogni fondamento e gravemente lesive della reputazione di un intero settore produttivo”. Immediata la replica: “Queste dichiarazioni ritenute “ingannevoli e prive di fondamenti scientifici” contenute nelle comunicazioni che diffondiamo sono, in realtà, tratte da accreditati studi internazionali. Noi ci limitiamo a osservare e a denunciare, condividendo opinioni scientifiche di pubblico dominio, già pubblicate su autorevoli riviste di settore”.

Qualche segnale positivo dall’Europa

Intanto dall’Unione Europea arriva qualche segnale positivo: una proposta di regolamento per limitare il ricorso agli imballaggi di plastica monouso promuovendone il riuso e il riciclo e l’entrata in vigore dal 1° gennaio 2023 dell’etichettatura ambientale, che impone l’obbligo di comunicare ai consumatori la destinazione finale di una confezione e i materiali di cui è composta. È già qualcosa, ma forse di fronte alla dimensione del problema si dovrebbe fare di più.
Per aderire alla campagna #BastaVaschette collegarsi a questo link.

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