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Legambiente: a Forte dei Marmi, Massa e in Versilia troppe spiagge private

Immagine da rapporto Spiagge 2020 di Legambiente
Immagine da rapporto Spiagge 2020 di Legambiente
Secondo il rapporto Spiagge in Toscana troppi stabilimenti, problemi di erosione e inquinamento irrisolti.  Esempi virtuosi a Castiglione della Pescaia e San Vincenzo.

 

I litorali italiani sono ecosistemi delicati ma purtroppo continuano a essere soggetti a inquinamento, erosione ed eccessiva pressione antropica. Con il rapporto Spiagge, Legambiente ogni anno fotografa la situazione e i cambiamenti in corso nelle aree costiere del Belpaese insieme a Goletta Verde, storica campagna dell’associazione ambientalista che monitora la qualità delle acque del mare.

Dai dati emerge come aumentino le concessioni balneari, che a oggi interessano oltre il 50% delle spiagge italiane, e l’8% di costa non sia balneabile perché il mare è inquinato. Tra i primi dieci Comuni costieri con la maggiore occupazione di spiagge in concessione figura Forte dei Marmi. Dove non si osserva un incremento delle concessioni è perché non ci sono spiagge libere, come in Versilia, dove meno del 10% dei litorali è ad accesso libero, un risultato che è però spesso la somma di corridoi tra gli stabilimenti e di zone in cui è vietata la balneazione.
In alcune aree il continuum di stabilimenti assume forme incredibili, come in Versilia e parte della provincia di Massa Carrara, dove sono presenti 683 stabilimenti su 29,8 chilometri di costa (più della metà delle concessioni di tutta la Regione). A Forte dei Marmi, lungo 4,7 km di linea costiera si contano 125 stabilimenti, per un’occupazione del 93,7% della costa.

La spiaggia libera e balneabile nel nostro Paese si riduce mediamente al 40%, ma con grandi differenze tra le Regioni. Mentre l’attenzione si concentra su ombrelloni e stabilimenti, a dover preoccupare è la scomparsa delle spiagge per l’aggressione dell’erosione costiera, come su alcuni tratti della Versilia, Cecina, Follonica, Piombino, Marina di Campo sull’Isola d’Elba e le aree di Grosseto e di Albinia.

Le note positive vengono dalla crescita di stabilimenti che puntano su un’offerta green e di qualità, “plastic free”, che investono su solare, salvaguardia delle dune, prodotti a km zero, spazi ad hoc per chi si muove in bici o con mezzi di mobilità elettrica, legno e altri materiali naturali e leggeri per le strutture, consentendo la vista del mare senza barriere e la convivenza tra parti libere e in concessione. Un esempio Viareggio, passando per il Parco di Migliarino San Rossore.

La campagna informativa e di sensibilizzazione “Toscana Plastic Free”, iniziata nel 2019, prevede l’affissione di pannelli e locandine nei bagni, con particolare attenzione a quelli di Viareggio e Castiglione della Pescaia. L’iniziativa segue un provvedimento fondamentale: la legge regionale che ha stabilito la messa al bando, tre anni prima che nel resto d’Europa, di stoviglie di plastica usa e getta, prevedendo anche multe in caso di mancato rispetto. In Toscana poi è stata appena creata la destinazione turistica Costa Toscana Sostenibile, un unico territorio che coinvolge i dodici ambiti costieri regionali in un progetto che prevede il raggiungimento di buone performance ambientali da parte dei diversi operatori turistici che lavorano sul litorale.

A Castiglione della Pescaia il progetto MITOMED + Green Beach vede la realizzazione di spiagge ecologiche o ricreative gestite in modo sostenibile. Castiglione della Pescaia ha incluso nel progetto una delle spiagge libere nella Pineta del Tombolo, caratterizzata da dune di oltre due metri coperte da una vegetazione tipica che sembra proteggere la pineta dall’influenza del mare.

Nervo scoperto rimane il tema dei canoni pagati per le concessioni. Perché di sicuro sono troppo bassi, con entrate per lo Stato di 103 milioni di euro – secondo gli ultimi dati del 2016 – a fronte di un giro d’affari miliardario. Ma anche qui bisogna distinguere, perché tra i 10.812 stabilimenti balneari in Italia troviamo realtà di enorme successo ma anche concessioni fuori dai circuiti turistici principali dove gli ombrelloni si riempiono per poche settimane all’anno. È evidente che ci sono situazioni scandalose come il Twiga di Marina di Pietrasanta di Flavio Briatore che ha un fatturato annuo da 4 milioni di euro ma paga un canone di 16 mila.

Continuano a essere cinque le regioni prive di norme che specifichino una percentuale minima da destinare alle spiagge libere: Toscana, Basilicata, Sicilia, Friuli Venezia Giulia e Veneto. Il problema, tuttavia, riguarda nei fatti il rispetto dei limiti di legge da parte dei singoli Comuni anche nelle Regioni che si sono dotate di norme.

Una novità dell’ultimo anno è la crescita dell’attenzione dei cittadini sul tema, con persone che si organizzano per difendere tratti di costa minacciati. A Massa il 24 luglio, al grido di “Tutti al mare”, è stata organizzata una protesta contro l’incredibile riduzione delle spiagge libere, visto che su 8 chilometri di costa insistono ben 14 stabilimenti balneari e una sola spiaggia libera.

Tra le buone pratiche dell’estate 2020 Legambiente segnala la Dog Beach di San Vincenzo (Li) con servizi specifici destinati al migliore amico dell’uomo che includono docce, educatori cinofili, negozio specializzato, ristoranti pet-friendly e un parco naturale alle spalle del lido.

Le priorità dichiarate da Legambiente sono: una legge di riordino delle spiagge per garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge; premiare la qualità dell’offerta nelle spiagge in concessione; avere canoni adeguati con risorse da utilizzare per riqualificare il patrimonio naturale e una strategia nazionale per erosione, inquinamento e adattamento al clima.

Fonte: Legambiente

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