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Esistono differenze sostanziali tra agricoltura lineare e circolare

Gianluca Brunori (Foto da Università di Pisa)
Gianluca Brunori (Foto da Università di Pisa)
Obiettivo principale dell’economia circolare è la conservazione nel tempo del capitale naturale e della sua capacità di produrre servizi per l’uomo.

 

PISA – Venerdì 7 febbraio si è svolta la giornata commemorativa nel 150° anno dalla morte dell’agronomo Pietro Cuppari, considerato un precursore della sostenibilità. Riceviamo dall’Accademia dei Georgofili e pubblichiamo l’intervento di di Gianluca Brunori dell’Università di Pisa.

Le scienze agrarie di Cuppari vengono concepite come conoscenze in grado di migliorare le condizioni della produzione agricola combinando nel migliore dei modi i fattori della produzione, intesi come gli aspetti naturali e quelli umani. Essendo a quei tempi non ancora affermata l’economia del petrolio, le possibilità di garantire la produttività dei sistemi agricoli attraverso input esterni era estremamente limitata. Da qui la necessità di adottare un approccio sistemico, in grado di sfruttare tutte le sinergie tra le componenti dell’attività agricola.

Con l’avvento dell’economia del petrolio e l’inserimento pieno dell’agricoltura nel mercato globale le scienze agrarie hanno ritenuto di poter trascurare il vincolo posto dai fattori naturali. Le discipline agronomiche hanno adottato un modello riduzionistico, basato sull’isolamento dei problemi dal loro contesto e sulla ricerca di soluzioni che trascurano altri effetti.

Contemporaneamente, le discipline economico agrarie hanno incorporato una visione del mercato svincolato dalla sua base naturale. La convergenza tra il riduzionismo e il modello economico dominante hanno favorito l’affermazione del principio della sostituibilità tra fattori esterni e fattori interni dell’azienda, e il modello aziendale che si è affermato è quello di una produzione specializzata basata sull’acquisto e la trasformazione di mezzi tecnici esterni e sulla vendita del prodotto sui mercati globali.

Gli avvicendamenti e il rapporto tra produzioni vegetali e allevamenti sono stati resi obsoleti dalla possibilità di ripristinare le condizioni della produttività attraverso l’impiego di risorse esterne. L’attenzione esclusiva alle rese produttive, parallela all’attenzione esclusiva alla dimensione quantitativa del consumo, ha consolidato anche in agricoltura il modello dell’economia lineare, tipico del processo industriale, ovvero un’economia per la quale il valore si genera solo dallo scambio di mercato e per la quale il processo di produzione si esaurisce nel momento in cui il prodotto viene venduto.
Con la crisi dell’economia del petrolio, che ha messo in discussione il principio della sostituibilità, gli economisti hanno cominciato a calcolare il valore dei beni non di mercato e a capire in che modo questi valori possono influire sulle scelte produttive.

Se in un primo momento l’attenzione degli economisti si è concentrata sulla trasformazione in valori monetari del valore delle componenti ambientali, il riavvicinamento dei saperi intorno alla questione ambientale ha fatto progressivamente emergere le scienze della sostenibilità, scienze che studiano in modo integrato l’interazione tra sistemi naturali e sistemi sociali. Le scienze agrarie, come aveva sottolineato Cuppari, si collocano in modo esemplare nell’area di sovrapposizione tra questi sistemi.

La scienza della sostenibilità è alla base della riflessione sulle condizioni che possono determinare il passaggio dall’economia lineare all’economia circolare, il cui obiettivo principale è la conservazione nel tempo del capitale naturale e della sua capacità di produrre servizi per l’uomo. Nell’economia circolare ogni componente materiale ha un valore funzionale, ovvero può essere reimpiegato utilmente in altri processi produttivi secondo gerarchie di valore non necessariamente dettate dal mercato (ad esempio, l’uso della biomassa come cibo ha un valore superiore a quello dell’uso per la produzione di energia).

Lo scopo delle politiche economiche è quello di strutturare il sistema economico e i comportamenti individuali in modo da allineare i valori commerciali con i valori funzionali, consentendo così alle attività economiche di estrarre il massimo del valore dalla componente materiale e di rallentare il più possibile l’esaurimento di queste.