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Un PUFF che mai avremmo voluto leggere

Foto aerea del lago Briganti ad Agliana (PT)
Foto aerea del lago Briganti ad Agliana (PT)

La Regione Toscana ha consentito l’uso di 29 pesticidi nell’area di salvaguardia di captazioni di acque sotterranee destinate al consumo umano.

 

di Patrizia Gentilini – Giunta nazionale ISDE

isde_logo_piccoloIl 30 luglio 2018 è stato promulgato dal presidente della Giunta regionale Toscana il decreto (D.P.G.R.) n. 43/R1 il cui allegato, denominato PUFF (Piano per l’uso sostenibile dei prodotti Fitosanitari e dei Fertilizzanti), al di là dell’accattivante dizione “uso sostenibile”, desta grave preoccupazione in chi ha a cuore la salubrità delle acque e la salute umana. Con tale decreto infatti si autorizza nell’area di salvaguardia di captazioni di acque sotterranee destinate al consumo umano, su tutto il territorio regionale, l’utilizzo di 29 pesticidi, tra cui clorpirifos e glifosate nonchè altri addirittura privi dell’autorizzazione dell’UE e quindi revocati dal Ministero della Salute (Azinfos ethyl, Azinfos methyl, Demeton S-metile, Omethoate).

Il cattivo esempio della Toscana è stato presto seguito dalla Provincia autonoma di Bolzano che nel marzo scorso ha autorizzato 4 fungicidi (Captano, Fluazinam, Mancozeb Dithianon), l’insetticida Clorpirifos metile e l’erbicida Glifosato sempre in prossimità dei punti di captazione delle acque potabili.

Preservare la qualità delle acque destinate al consumo umano è ovviamente di fondamentale importanza e una complessa normativa comunitaria e nazionale disciplina l’intera materia. Il Decreto Legislativo n.31 del 2001 che recepisce la Direttiva 98/83/CE, si applica sia a tutte le acque destinate all’uso potabile e alla preparazione di cibi e bevande che alle acque che entrano a contatto con il corpo umano.
Per quanto attiene la captazione dalle falde di acque destinate all’uso potabile il Decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152 stabilisce che le regioni, in prossimità dei punti di captazione, individuino le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto.

Le zone di tutela assoluta sono identificate dall’area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni e devono avere un’estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione; deve essere adeguatamente protetta e adibita esclusivamente alle opere di captazione o a infrastrutture di servizio.
La zona di rispetto, invece, è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta e può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata. Nella zona di rispetto è vietato in particolare lo svolgimento delle seguenti attività: accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi; spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi. La norma fissa il principio che, in assenza dell’individuazione da parte delle Regioni o delle Province autonome della zona di rispetto, la medesima ha un’estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione.

Con il PUFF non solo non viene fatta alcuna distinzione fra l’area di tutela assoluta e quella di rispetto – in quanto si parla genericamente di “area di salvaguardia”- ma si liberalizza l’utilizzo di sostanze anche altamente tossiche senza più alcuna valutazione delle caratteristiche geologiche del suolo, della sua permeabilità o della fragilità delle falde. Questa decisione desta ancora più sconcerto alla luce dei recenti dati dell’ARPAT che hanno certificato che nelle acque sotterranee della Toscana la presenza di pesticidi si ritrova nel 46,8% dei punti e nel 31,1% dei campioni, con il rinvenimento di ben 49 diverse sostanze.

Particolarmente grave e preoccupante è la situazione delle acque superficiali nel Pistoiese a causa dell’attività vivaistica, come certificato da ARPAT che in suo recente Report scrive: “le stazioni della piana vivaistica pistoiese sono certamente le più contaminate, non solo da AMPA e Glifosate ma da numerosi principi attivi che raggiungono concentrazioni notevoli”.
In tale territorio gli standard di qualità ambientale per tutti i pesticidi sono stati superati in 9 stazioni su 16, tra cui tutte e 4 quelle analizzate nella piana vivaistica, una delle quali con una concentrazione oltre 20 volte il limite. Se si guarda invece il singolo principio attivo, sono ben 14 su 16 le stazioni in cui si sono avuti superamenti dei limiti (ma nelle 2 stazioni che rientrano nei limiti non sono stati ricercati né Glifosato né AMPA!); in tutte le stazioni della piana vivaistica tali superamenti interessano molteplici pesticidi. Fra le sostanze ritrovate, oltre il glifosate, anche imidacloprid, neonicotinoide dannoso per le api e clorpirifos, insetticida organofosforico, particolarmente pericoloso per il neurosviluppo.

Anche se le concentrazioni delle sostanze ritrovate nelle acque sotterranee non superano ancora gli standard di qualità (ma nelle stazioni della piana vivaistica pistoiese solo in 5 dei 15 dei punti di prelievo sono state ricercate le due sostanze che maggiormente contribuiscono al loro inquinamento, il Glifosato e il suo matabolita AMPA, trovandoli in tutti e 5 con concentrazioni assolutamente non trascurabili), con il perdurare dell’uso di tali sostanze anche in prossimità dei pozzi le concentrazioni non potranno che aumentare.

Ricordiamo che il glifosato è stato dichiarato cancerogeno probabile dalla IARC e recenti sentenze sia negli Stati Uniti che in Francia hanno riconosciuto il suo ruolo causale nell’insorgenza di linfomi Non Hodgkin, condannando a risarcimenti milionari le aziende produttrici. Al di là dell’azione cancerogena il glifosato ha anche azione genotossica, agisce come “interferente endocrino” alterando l’equilibrio degli ormoni sessuali e soprattutto danneggia la flora microbica intestinale, essenziale per la sintesi di enzimi, vitamine (in particolare acido folico), il corretto assorbimento dei nutrienti e soprattutto per il corretto funzionamento del sistema immunitario e nervoso. A seguito del dismicrobismo indotto dall’erbicida è stato evidenziato, da numerosi studi condotti su bambini autistici, il prevalere nella loro flora intestinale di clostridi, batteri dotati di azione neurotossica e probabilmente coinvolti nella genesi dell‘autismo.

Ancor più pericoloso è poi il clorpirifos, un organofosforico sintetizzato per scopi bellici e che provoca paralisi contrastando la degradazione enzimatica dell’acetilcolina, neurotrasmettitore fondamentale per la conduzione nervosa. Tuttavia a dosi che non inibiscono l’enzima – ritenute quindi non tossiche – il clorpirifos altera l’espressione di centinaia di geni coinvolti nel neurosviluppo per cui da parte della comunità scientifica si è levata forte la richiesta di bandire totalmente il clorpirifos perché nessuna dose può essere ritenuta sicura per il normale sviluppo del cervello. Come nel caso del glifosato, le valutazioni che hanno portato alla registrazione e immissione sul mercato del clorpirifos si sono basate non su studi indipendenti ma su ricerche commissionate dall’industria produttrice, che revisioni condotte da ricercatori indipendenti hanno mostrato essere assolutamente inattendibili.

I legislatori evidentemente ignorano una delle più grandi preoccupazioni della comunità scientifica: le alterazioni del neurosviluppo che contraddistinguono le nuove generazioni, in cui sempre più si registrano danni cognitivi, disturbi dello spettro autistico, perdita di Quoziente Intellettivo. Come è possibile quindi, invece di vietare tali sostanze, ampliarne l’uso in punti tanto cruciali come i pozzi di captazione? La stessa ARPAT infatti afferma: “dall’attività di controllo sull’osservanza delle aree di salvaguardia stabilite dall’art.94 del D.Lgs 152/06, è emerso che non è rispettata la fascia di 200 metri intorno ai pozzi per scopo idropotabile (pozzi dell’acquedotto)” e dalla cartografia ufficiale emerge che molti dei punti di captazione da acque profonde per uso umano sono nel bel mezzo dei vivai, ma che neppure per i punti di prelievo delle acque superficiali è rispettata in alcuni casi la fascia dei 200 m – e forse neppure quella di tutela assoluta di 10 m: si vedano le aerofotogrammetrie che la stessa ARPAT pubblica sul sito del Sistema Informativo Regionale Ambientale della Toscana (SIRA) per rendersene conto.
Qui riportiamo la foto aerea del lago Briganti ad Agliana, uno degli invasi per uso idropotabile in cui è stato trovato, tra l’altro, anche il Clorpirifos, ma in cui, chissà perché, non sono state fatte le analisi del Glifosato…

L’arcano però facilmente si scopre perché, prima del PUFF, le multe potevano fioccare e questa sembra la cosa che più preoccupava i politici! Risulta infatti dal verbale che ha portato all’approvazione del PUFF questa dichiarazione dell’assessore all’Ambiente: “In assenza di questo regolamento vige il divieto di uso dei fertilizzanti e fitofarmaci, nelle aree di salvaguardia, intorno ai punti di captazione, con sanzioni amministrative che sono piuttosto onerose e che oscillano da 600 a 6000 euro”.
Non crediamo siano questi i doverosi “energici interventi correttivi delle pratiche agricole, in particolare di quelle vivaistiche” invocati da ARPAT che pure “auspica che la Regione Toscana decida di adottare misure di limitazione/sostituzione/eliminazione nei confronti dei diserbanti (misura 10 delle linee guida).”